Review 2011 - Montecarlo





Hollywood sogna un nuovo Wilder, magari conformato, magari europeo solo di facciata e non di animo. E sogna una nuova Audrey Hepburn. Ma i sogni sono lontani dalla realtà, e si possono trasformare in piccoli incubi quotidiani da cinema di serie b. Ecco a voi "Montecarlo", scialba storia sullo scambio di persona tra adolescenza on-the-road, amore e qualche biasimevole patetismo. La commedia sofisticata può tirare un sospiro di sollievo, la sua brutta copia moderna non ha direzione nè forma. E' solo isterismo da teenager, fenomeno passeggero, esoticismo da quattro soldi. E' solo un miraggio estivo da dimenticare.





Per certi versi, "Montecarlo" è un affronto alla storia del cinema classico, per altri un tentativo di affinare parzialmente il gusto di una commedia, quella made in USA, figlia dei tempi e tendente al becero. Predomina il primo aspetto perchè, nonostante venga evitato ogni gargarismo gergale e volgare, la banalizzazione del canovaccio standard che ha fatto la storia di tante commedie anni'30-'40 appare ben più grave della scelta coraggiosa di tenere a freno gli elementi morbosi e scorretti di troppo cinema post 80's. Se il cinema dell'età dell'oro puntava sulla freschezza della scrittura, "Montecarlo" punta sulla commistione di elementi diversi, vicini tanto alla tradizione Disney adolescenziale (risibile e televisiva) quanto al filone standard del cinema che gioca la carta europea, ennesimo esempio di quanto la mancanza di idee sia ciclica. La sceneggiatura è una gigantesca presa in giro, una vergognosa girandola che riesce a rendere i criteri convenzionali di credibilità delle chimere vere e proprie, assumendo una prospettiva che definire irreale è dir poco. Tra tutti i difetti (copiosi), la cosa più grave è appunto l'incapacità di mantenere un rigore narrativo che sia solo parzialmente logico. La carta del surreale sarebbe stata un'idea, peccato che non solo non viene giocata, ma addirittura ostacolata, arrivando a fare dello scambio di persona la chiave di volta di un film e aggiungendo tante e tante sottotrame inverosimili e sbilenche da rendere futile ogni tentativo di giustapposizione narrativa razionale, magari basata sul calssico causa-effetto. Se il mito dell'Europa, magari quella classica di Wilder è ridotto a visione da cartolina (dirige Thomas Bezucha, ndr) , non meno problematico è l'elemento interpretativo. Tre attrici molto diverse, la Disney-star Selena Gomez e le senza personalità (almeno per ora) Leighton Meester e Katie Cassidy, si fiancheggiano sostenendosi per portare a compimento l'opera, ma il tentativo è osteggiato dall'inverosimiglianza di ciò che si trovano a recitare. Cory Monteith fa intendere che il suo dopo-Glee sarà tutt'altro che roseo ed è inserito solo per la visibilità televisiva e l'appeal derivante, con un ruolo di poco conto. Il resto è fuffa.


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