Direttamente in homevideo, l'ultimo tassello della cinematografia spicciola e demodè di Luketic parte con una certa carineria per finire in un disastro narrativo riconciliante da film demenziale. L'intento di far rivivere la comedy hollywoodiana degli anni 40' viene ridicolizzato da un colpo di coda paradossale che oltrepassa la soglia limite del no-sense. E gli attori fanno l'occhiolino sorridenti e amorfi come statue di bronzo pronte ad essere fuse.
Rivitalizzare. Un termine che non ha un senso nella cinematografia americana, soprattutto in un territorio tanto, troppo difficile, come la commedia. D'altronde, se la produzione statunitense cerca di tornare al passato dell'età dell'oro della comedy, quando la Hepburn (Katherine) giganteggiava e vinceva Oscar, in Italia si cerca di bissare/trasporre la commedia corale di Monicelli, Risi e pochi altri. E' un continuo e dilatato remake di decenni di serialità artistica e, forse, per certi versi è l'unica possibilità di mantenere a galla umori nazionali in cerca di svago perenne. Luketic propone una versione old-style fin dall'abbigliamento vintage, tra nastrino-foulard dell'attrice Katherine Heighl e abito informale dell'attore Ashton Kutcher, che cerca di riallacciarsi all'inventiva "strafumata" di molte commedie del passato. La cosa notevole (e non è un caso, lo stesso è accaduto con l' opera precedente del regista, "La dura verità") è che per i primi minuti, tolte le esagerazioni da action anni 70', il confronto sembra reggere, sebbene in minuscola parte.. Ma l'impressione è fuorviante, per non dire errata, per non dire offensiva. Il tutto diventa ben presto un pastiche narrativo, una veloce corsa affaticata e surreale verso un finale scioccante, in cui il paradosso diventa incapacità di reggere le nozioni elementari di verosimiglianza, in cui il banale si trasforma in mostruosamente banale, il kitsch in spazzatura, un qualsiasi film italiota da quattro soldi (in termini di qualità mica di budget) in un cult assoluto. E Luketic ci regala due mostri dell'espressione assente come la Heighl e Kutcher, senza dimenticare di aggiungere altri, troppi, personaggi messi lì giusto per dare quel minutaggio necessario per far quadrare il cerchio della temporalità media di un film del genere. E se c'è un redidivo Tom Selleck forse qualcosa sfugge davvero alla comprensione critica del regista. Forse va bene così. Forse, ma forse, ma si...
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