4.5 su 10
Non ho un buon rapporto con il cinema di Luca Lucini. E' anestetizzante, mascherato dietro la messa in scena, banale, macchiettistico, non in grado di intercettare un pubblico, "famigliare", per non dire "reazionario", per non dire "costruito". E "La donna della mia vita" è il perfetto prototipo del genere. La prima cosa che potrete notare è il ricorso alla commedia corale, edulcorata da momenti drammatici, a loro volta oggetto di analisi paradossale. I tre elementi non si compenetrano in modo nuovo, ma restano appesi a sè stessi, come una serie di gag su gag legate ad un copione ad incastro. Ciò che non riesco a capire dei prodotti italiani è la loro collocazione. L'ibridismo da dramma, commedia, romanticismo lo lascerei agli autori capaci di sintetizzare con un luogo comune un concetto e non a chi usa una vasta gamma di clichè senza arrivare ad un "dunque" finale che abbia un minimo di senso. "La donna della mia vita" mescola, in modo assurdo, storie di famiglie allargate o rimpicciolite, di tradimenti, di fratelli "serpenti", di figli "inconsapevoli", di amori passati, presenti e futuri. Se fosse stato un dramma, sarebbe stato degno di un melò classico. Peccato che tutto sia edulcorato da un no-sense, da una prevedibilità, da una comicità di bassa lega, per nulla coinvolgente o espressiva, ma quotidiana, con in più il gusto del paradosso nelle simmetrie "corali" (anche questo aspetto è un abuso vero e proprio del nostro cinema, relegando i personaggi ad occupare la scena per poco tempo ed impedendo di determinare una psicologia che non sia da fiction, elementare), in cui la cura della scenografia non è accompagnata da un'adeguata scrittura di insieme e la struttura resta, nei suoi continui legami, un pastiche costruito senza passione. Cosa ne rimane? Nulla, nemmeno la recitazione, tanto che un cast potenzialemente interessante viene sprecato in pieno ed è un peccato. In Italia non credo manchino gli attori, credo che ci sia una mancanza di registi e scrittori di storie per passione.
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