8,0 su 10
La moda del "burlesque" trova la sua canonizzazione sul set itinerante del film di un genietto francese conosciuto ai più come attore, Mathieu Almaric. Nessun altro sarebbe riuscito a rappresentare un mondo così variegato come chi ha nelle vene sangue francese, concedendosi il lusso di nudità esibite, di forme perfette nella loro abbondante imperfezione, senza rinunciare all'on-the-road bilingue con tanti richiami alla cinematografia indipendente americana. Insomma, Almaric mette a segno un'opera articolata su una serie di livelli non così facili come potrebbe apparire dall'esterno. D'altronde, al "Burlesque" esibito (e che nulla ha a che vedere con quello della Aguilera, formato musical), non è che dedicato un minutaggio inferiore ai 20 minuti, nonostante sia già evidente, dalle poche esibizioni delle grandi star mondiali portate sul set, la grande varietas del genere, per nulla confinato a limiti e aperto alla contaminazione pura, alla follia eversiva, al circo e al cabaret. E così la location della rappresentazione è solo una parte del tutto e si accompagna alla vita quotidiana, nel set e fuori dal set, nel rapporto tra impresario e proprie artiste, negli affetti che nascono, in quelli che ritornano, tra figli e vecchie fiamme del passato. E' un film di arrivi e partenze, di treni e di macchine, di aerei invisibili (ma l'uniforme viene defraudata con successo). Ed è un film di attese, dove la tensione narrativa non si basa su un'azione scatenante, ma è tutto minuto, sfumato, teso all'introspezione e alla raffigurazione perfetta di personaggi empatici come non mai. Consapevole del limite/pregio di questa coralità ampia e di questa "pesantezza" dovuta alla pluralità di storie aperte, Almaric tende, verso la fine, a focalizzarsi con successo sul personaggio di Mimi le Meaux, che è anche il carattere più ambiguo e complesso, in cui domina una sofferenza sfuggevole. Corpo morbido e sensuale con un volto che ricorda Maggie Gyllenhall versione blonde, la sua è una presenza debordante, appassionata e l'impresario Almaric non può che omaggiarla con l'evidente maggior peso in ambito narrativo, quasi fosse una Venere a sè stante. La regia è coordinata alla perfezione, senza perdere l'immediatezza del momento ma con un lavoro certosino di montaggio (il girato è molto più lungo della durata della pellicola) e le sequenze da "burlesque" non vengono sacrificate, ma semplicemente compresse, adeguandosi alle richieste di un lungometraggio cinematografico. Ottima anche la ricostruzione scenografica.
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