8,5 su 10
C'è una categoria di film di animazione apparentemente destinati al grande pubblico, magari ai bambini di età anche pre-scolare. "Rango" fa parte di questo gruppo. A vedere, dal poster e dal trailer, un camaleonte agghindato con camicia hawaiiana con tanto di pesce arancio con l'occhio spiritato in mano, è facile seguire questa direzione e portare i bambini al cinema. Il che non può che essere un bene, sempre che la vostra aspettativa non sia quella di godere di qualche facile caratterizzazione da prodotti Dreamworks vecchio stampo. "Rango", a dire il vero, è uno stranissimo oggetto a cui riservare un'attenzione meticolosa, piuttosto difficile da definire in poche battute, ibrido per quanto riguarda l'apertura a generi insoliti (è un vero western esistenziale, magari un pò alla Eastwood, ma col tocco "folle" dei Coen, ma ha anche un assetto metacinematografico spiccato), ed è dotato di trovate da slapstick pura (e la emotion capture ha giovato moltissimo, nonostante il doppiaggio in italiano non sia il massimo quando l'originale ha un parterre composto da Johhny Deep, Abigail Breslin, Isla Fisher, Alfredd Molina, Bill Nighy). Ma la vera ciliegina sulla torta è la capacità, impressa da un regista che si credeva capace solo di prove affini al blockbuster (anche se "L'uomo delle previsioni" con Nicolas Cage ci era piaciuto parecchio) come Gore Verbinski, di sintetizzare un mondo che è insieme innovazione e rielaborazione. I vecchi clichè del western, le introspezioni ("chi sono Io?", si chiede spesso il camaleonte), la capacità di cogliere nel dettaglio le caratteristiche animali evitando un'antropoformizzazione eccessiva, l'elemento legato al viaggio iniziatico così come le battaglie vere e proprie che ricordano la fantasia di qualche saga notissima, vengono amalgamate in un'opera che usa spesso un'ironia facile, ma anche cinica, per nulla assimilabile al modello comune e vendibile odierno. La grandezza di "Rango" sta nel creare qualcosa di diverso, di complesso, di "non ovvio". E, soprattutto, nello svincolarsi dallo stile Pixar, Dreamworks e affini, imperante, per abbracciare una configurazione autoriale ai massimi livelli. "Rango" non è altro che un film d'autore prestato al mondo dell'animazione, costruito con la ricerca continua di un'originalità espressiva nuova, che rifugge la moda e vive nel suo universo di desolazione/riscatto con la forza eversiva di un dramma infarcito di commedia vecchio stampo, in cui gli attori veri e protagonisti sono mascherati da figure caricaturali e animalesche e recitano davvero sul grande schermo ruoli in cui elementi tipici del loro stile si fanno evidenti. A ciò aggiunga un senso di mortalità immanente da vecchio western, con dei cantori-narratori che rivitalizzano un genere musicale che sembrava morto, alla Leone, mentre arie note e cadenzate e citazioni cinematografiche rappresentano l'omaggio alla tradizione da cui si prende a piene mani. Non per copiarla, ma per rianimarla. Probabilmente parleremo di questo film alla fine dell'anno, quando si discuterà di ciò che ha segnato il passo del 2011.
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