4.5 su 10
Certe volte meglio evitare di mettere assieme vita privata e lavoro. Altrimenti ci si perde in una miriade di sotterfugi per accontentare qualcuno che si vuole bene. "Miral" è una pellicola in cui si stenta a riconoscere il regista, Julian Schnabel, che perde tutto o quasi della sua articolazione visiva e finisce per diventare un semplice macchinista, al servizio della storia, una storia banale e stucchevole, ambientata nella Palestina dal 1948 in poi. Il legame con la vita privata del regista è dovuto al fatto che la pellicola è l'adattamento del libro autobiografico della compagna di Schnabel, la giornalista Rula Jabreal, che non ha nulla da invidiare (semmai il contrario) alla piccola divetta Freida Pinto in termini di bellezza fisica, a cui aggiungere una storia professionale tutt'altro che disprezzabile. Ma il rischio sta proprio nella commistione di due elementi non facilmente amalgamabili, ovvero la multiforme capacità visionaria di Schnabel al testo razionale, storico-storicizzato, personale, di una giornalista, la Jebreal che più che ad emozionare, tende ad informare, e ad offrire il suo sguardo anche ideologico. E, come detto, dell'eccentricità di Schnabel e della sua "poesia visiva" rimane ben poco, mentre il film diventa un melò con molte riserve, in bilico tra reportage (con tanto di scansione temporale molto elementare) e in cui i personaggi non convincono, privi di spessore drammaturgico e semplici figurine da elencare solo per ragioni, nobilissime si intenda, di affetto e di riconoscenza. La Pinto compare tardi, e non spicca per espressività, ma il problema della comunicazione allo spettatore riguarda tutto il cast, compresa Hiam Abbass, mentre non pervenuto è William Defoe. Ciò significa che la scrittura psicologica è davvero frammentaria, e non fa spiccare gli stessi caratteri. Aggiungo che per avere un'impressione artistica più matura della "questione palestinese" sarebbe opportuno rivolgersi al notevole "Il tempo che ci rimane", in cui il regista Elia Suleiman è anche il protagonista reale e l'interprete principale della vicenda, che assume un taglio personalissimo e originale. E la scintilla Schnabel-Jebreal, su un piano artistico, non porta a nulla, per la grande differenza di comunicazione. In amore, gli opposti si attraggono, nell'arte la propria genialità non può essere frenata dalla pluralità di vedute non omogenee.
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