Review 2011 - Summer Wars






Mi mancano i fondamentali dell'anime giapponese, quindi mi accingo a descrivere un'impressione diretta piuttosto a cercare di inquadrare il film in un certo mondo, tramite comparazioni, perchè non ne so molto. "Summer Wars" mi ha divertito e inquietato fin dai titoli di testa. Si parte con la definzione dello spazio virtuale Oz, sorta di social con incidenze enormi sulla vita reale (è un mondo al quadrato, in cui le distanze fisiche si annullano e che sembra quasi potere agire in ombra rispetto a quello reale). Al di là dei riferimenti plausibili e concreti, il film mi ha colpito per questa continua capacità di scorrere dall'elemento reale, quello del Giappone dei samurai ( in cui il matriarcato viene sdoganato nella figura della nonna), delle tradizioni, della famiglia, e quello ipertecnologico, fatto di avatar, lotte virtuali, account, minacce alla sicurezza tramite web. Nella seconda parte il film, che pare avere un'impostazione molto classica, quasi occidentale a livello narrativo, con alcuni riferimenti per altro non sempre riusciti al mondo dell'animazione giapponese, diventa un continuo innesco tra l'elemento reale e quello telematico, in cui i due piani si intersificano, in modo originale e non banale. Il film è una sorta di videogiochi che mette agli antipodi due visioni opposte del Giappone, che ne costituiscono la sua ossatura e la sua immediata riconoscibilità ed esprime, in chiave metaforica e reale, la necessità ad un ritorno a concezioni arcaiche, tradizionaliste, a mezzi di comunicazioni umani e rapporti interpersonali reali. Per quanto l'analisi sia un pò ideologica (e catastrofica a senso unico), il film è divertente e profondo e suona, almeno per chi è digiuno di opere del genere, come un prodotto simpatico, non memorabile ma alternativo. Vien voglia di recuperare l'altro film, più noto, di Mamoru Hosoda, "La ragazza che saltava nel tempo".

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