L'attimo fuggente ("Dead Poets Society")
Su Rai3 alle 16,50
"O capitano, mio capitano"...Questo film, diretto da Peter Weir, è un classico. Eppure non è un capolavoro, nè un piccolo miracolo. E' qualcosa di diverso. Ricordate il Grand Tour di Goethe e affini aristocratici? Beh, questo film è una sorta di raccordo tra i giovani dell'oggi a quelli degli ultimi anni '50. E' un viaggio che, dal 1989, un numero elevato di adolescenti compie, direttamente o meno, sotto l'egida del passaparola, verso quella storia che ha visto crescere i loro genitori e nonni. Un percorso che mostra elementi in comune e differenze abissali. Il film, di norma, genera reazioni di grande partecipazione e mostra l'utopia di un gruppo di "giovani poeti" impegnati a vivere insieme, nei limiti imposti dal mondo, dal potere impositivo della scuola e della famiglia. Ma è anche un coraggioso atto di ribellione, che parte dalla sollecitazione di un sognatore come il professor Keating (Robbie Williams), per poi diventare patrimonio comune. In realtà è anche il film del fallimento della rivoluzione, a favore delle tendenze reazionarie, cancellate dal '68, e oggi di nuovo sotto gli occhi di tutti. E' la riapproprazione del proprio sogno, rispetto al potere altrui, ma anche la tragicità della riuscita o meglio dell'impossibilità della stessa. "Carpe diem", cogli l'attimo, per raggiungere la libertà, ma sii in grado di rischiare l'abbandono, la solitudine, l'odio altrui, per la tua libertà. E allora il film si conclude come una sconfitta, in tutta fretta, senza mettere a fuoco, senza capire. E' proprio il finale (e non la poesia della comunanza) ad infastidirmi. C'è una cesura troppo netta e drammatica, ma anche incomprensibile. D'altronde le nuove generazioni vedranno qualcosa di indecifrabile, ma ne assaporeranno forse il senso di assoluta libertà contro gli autoritarismi. Per sognare, forse, per agire, se si vuole. Ethan Hawke è nel cast, lanciato a 19 anni dal film. Per il resto, un buon film, ma non un capolavoro.
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"O capitano, mio capitano"...Questo film, diretto da Peter Weir, è un classico. Eppure non è un capolavoro, nè un piccolo miracolo. E' qualcosa di diverso. Ricordate il Grand Tour di Goethe e affini aristocratici? Beh, questo film è una sorta di raccordo tra i giovani dell'oggi a quelli degli ultimi anni '50. E' un viaggio che, dal 1989, un numero elevato di adolescenti compie, direttamente o meno, sotto l'egida del passaparola, verso quella storia che ha visto crescere i loro genitori e nonni. Un percorso che mostra elementi in comune e differenze abissali. Il film, di norma, genera reazioni di grande partecipazione e mostra l'utopia di un gruppo di "giovani poeti" impegnati a vivere insieme, nei limiti imposti dal mondo, dal potere impositivo della scuola e della famiglia. Ma è anche un coraggioso atto di ribellione, che parte dalla sollecitazione di un sognatore come il professor Keating (Robbie Williams), per poi diventare patrimonio comune. In realtà è anche il film del fallimento della rivoluzione, a favore delle tendenze reazionarie, cancellate dal '68, e oggi di nuovo sotto gli occhi di tutti. E' la riapproprazione del proprio sogno, rispetto al potere altrui, ma anche la tragicità della riuscita o meglio dell'impossibilità della stessa. "Carpe diem", cogli l'attimo, per raggiungere la libertà, ma sii in grado di rischiare l'abbandono, la solitudine, l'odio altrui, per la tua libertà. E allora il film si conclude come una sconfitta, in tutta fretta, senza mettere a fuoco, senza capire. E' proprio il finale (e non la poesia della comunanza) ad infastidirmi. C'è una cesura troppo netta e drammatica, ma anche incomprensibile. D'altronde le nuove generazioni vedranno qualcosa di indecifrabile, ma ne assaporeranno forse il senso di assoluta libertà contro gli autoritarismi. Per sognare, forse, per agire, se si vuole. Ethan Hawke è nel cast, lanciato a 19 anni dal film. Per il resto, un buon film, ma non un capolavoro.
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