Tomas Alfredson ha il talento necessario per una rievocazione del mondo del vampir-movie che non sia una semplice rievocazione. Piuttosto è un'anomala analisi che perde i suoi connotati mostruosi per divenire umana. Il taglio, come detto, è analitico, il piglio espressivo, la fruibilità commerciale e lo stile vintage e giovanile insieme. Parlare di vampiri è abitudine dei film di fantascienza, di orrore, riuscire a fare, nell'orrore e nella fantascienza, un film che parli di vampiri in modo realistico è un fenomeno sociologico da non mettere in secondo piano. Non una semplice storia d'amore, non un "Twilight" da ragazzine e teo-con, ma un angosciante, morboso ritratto che è prima sguardo complesso sull'adolescenza e poi, in fondo, una storia di vampiri. E' una lei (lui?) la vampira. Si chiama Eli. E' interpretata divinamente dalla piccola Lina Leandersson, capace di tutto in un ruolo complesso che la pone a livelli superiori alle sue antagoniste più note. Ma più che una vampira, è una piccola ragazzina che vive in solitudine, con dei principi che limitano la sua sete proverbiale, e con una storia alle spalle che odora di pedofilia. Lui è un ragazzino, invece, si chiama Oskar, capelli biondi, attitudine non proprio mascolina. E' vittima dei bulli, ma non di quelli che conosciamo o pensiamo di conoscere. Ha introiettato tutta la cattiveria che gli hanno fatto e vive in tensione cronica. Kåre Hedebrant è l'interprete. Tra i due nasce un'amicizia, quella amicizia che lega i disadattati, mentre la società percorre delle strade di peggior bruttura. La bravura del regista sta nell'attutire la veemenza del vampiro e di introdurlo in una scoietà peggiore della sua stessa figura, appunto. In genere, il vampiro è simbolo di crisi sociale. Ovvero, ritorna ogni volta si manifestino dei caratteri generalizzati tendenti all'irrazionale. Ma Alfredson opera in modo contrario e ci presenta dei vampiri che non sono che una semplice parte del mondo, che oscilla, tutto e non solo i caratteri mostruosi, tra razionalità e irrazionalità. "Lasciami entrare" è la frase pronunciata dai vampiri prima di entrare nella vita di qualcuno. Ed è una richiesta di vicinanza, prima che una condanna. Il miglior film europeo degli ultimi anni. E il remake americano è un colpo al cuore. CONSIGLIATO.
Tomas Alfredson ha il talento necessario per una rievocazione del mondo del vampir-movie che non sia una semplice rievocazione. Piuttosto è un'anomala analisi che perde i suoi connotati mostruosi per divenire umana. Il taglio, come detto, è analitico, il piglio espressivo, la fruibilità commerciale e lo stile vintage e giovanile insieme. Parlare di vampiri è abitudine dei film di fantascienza, di orrore, riuscire a fare, nell'orrore e nella fantascienza, un film che parli di vampiri in modo realistico è un fenomeno sociologico da non mettere in secondo piano. Non una semplice storia d'amore, non un "Twilight" da ragazzine e teo-con, ma un angosciante, morboso ritratto che è prima sguardo complesso sull'adolescenza e poi, in fondo, una storia di vampiri. E' una lei (lui?) la vampira. Si chiama Eli. E' interpretata divinamente dalla piccola Lina Leandersson, capace di tutto in un ruolo complesso che la pone a livelli superiori alle sue antagoniste più note. Ma più che una vampira, è una piccola ragazzina che vive in solitudine, con dei principi che limitano la sua sete proverbiale, e con una storia alle spalle che odora di pedofilia. Lui è un ragazzino, invece, si chiama Oskar, capelli biondi, attitudine non proprio mascolina. E' vittima dei bulli, ma non di quelli che conosciamo o pensiamo di conoscere. Ha introiettato tutta la cattiveria che gli hanno fatto e vive in tensione cronica. Kåre Hedebrant è l'interprete. Tra i due nasce un'amicizia, quella amicizia che lega i disadattati, mentre la società percorre delle strade di peggior bruttura. La bravura del regista sta nell'attutire la veemenza del vampiro e di introdurlo in una scoietà peggiore della sua stessa figura, appunto. In genere, il vampiro è simbolo di crisi sociale. Ovvero, ritorna ogni volta si manifestino dei caratteri generalizzati tendenti all'irrazionale. Ma Alfredson opera in modo contrario e ci presenta dei vampiri che non sono che una semplice parte del mondo, che oscilla, tutto e non solo i caratteri mostruosi, tra razionalità e irrazionalità. "Lasciami entrare" è la frase pronunciata dai vampiri prima di entrare nella vita di qualcuno. Ed è una richiesta di vicinanza, prima che una condanna. Il miglior film europeo degli ultimi anni. E il remake americano è un colpo al cuore. CONSIGLIATO.
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