Happy Family


"Happy Family" sta al cinema italiano come una boccata di aria fresca sta al torrido clima estivo. Salvatores non crea un film, ma si diverte a destrutturare i livelli di lettura pre-filmica e a legarli in un canovaccio filmico che, nel suo no-sense assoluto, trova una volontà di rottura con i canoni imposti dal sistema. E' un piccolo gioiello, il film, perchè è una sorta di "Vero come la finzione" adattato al clima cinematografico italiano, sotto una prospettiva che passa dalla teatralità fine a sè stessa alla capacità di avvicinare uno stile riconoscibile alla Jean-Pierre Jeunet, tanto irreale quanto grottesco. Inoltre è uno sguardo su una coppia di famiglie molto nordico, per un'ambientazione specifica che ricorda i potentati dell'Italia del Nord, ma anche molto italiano e mediterraneo (e non solo perchè c'è Abatantuono che ha girato l'omonimo film dello stesso Salvatores), in quanto per nulla votato all'essere snob, nè alla facilità di scontro sociale, ma piuttosto un quadro composito e vernacolare di elementi ben riconoscibili, per molti versi attaccati al nostro periodo storico, per altri sospesi nel tempo (e gli abiti ne sono un esempio), in una sorta di commedia grottesca. Alcuni manierismi sono eccessivi, fini a sè stessi, laccati (il ricorso al bianco e nero) ma quando le idee funzionano si perdonano i limiti. Detto questo, "Happy Family" non salverà l'Italia nè descrive il suo mondo, ma semplicemente intrattiene in modo intelligente, mettendo in ridicolo le stesse fattispecie dell'intelligenza. E non è poco.

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