Sidney Lumet (1924-2011)
Era il 1957 e Sidney Lumet disegnava 12 tratti in un unico set, in un'unica stanza, in un unico tempo. E quei personaggi che compaiono in totale per circa 90 minuti sono rimasti nella storia, di volta in volta risorti con facce nuove e accenti diversi. Si è arrivati a conquistare Mikhalkov che ha riproposto il soggetto in "12", remake ambientato nella Russia dei conflitti. E se un film è riuscito ad unire Stati Uniti e Russia, di norma cinematograficamente agli antipodi, è perchè "La parola ai giurati" trascende le epoche, le cinematografie, per certi versi trascende lo stesso cinema, essendo anche un prodotto a basso budget, tre stanze, ma in realtà un'unica fondamentale, la stanza dei giurati. E la bravura del regista e del direttore della fotografia sta nel muoversi attraverso i personaggi, arrivando, con dei campo-controcampo, e dei fuoricampo al momento giusto, nonchè con un movimento della camera piuttosto composito, a tenere in tensione razionale lo spettatore. Un perfetto legal-drama, forse il suo apogeo massimo. L'assetto teatrale, la componente televisiva (il processo è in genere uno strumento televisivo e mass-mediatico fortissimo), la perizia tecnica e la grandezza cinematografica, ne fanno un capolavoro senza tempo. Ma ciò che conta maggiormente è l'abilità analitica dello sceneggiatore Reginald Rose, che passa in rassegna l'indagine, facendo scattare la macchina probatoria, attraverso l'analisi interiore dei personaggi, le loro competenze, i loro vissuti. Le idee che presentano, le loro obiezioni non sono altro che il riflesso della loro personalità, dei loro limiti e pregiudizi, del loro trascorso. E animano in modo acceso la storia, appassionando. Questi uomini senza nome, numerati nella disposizione attorno ad un tavolo, ci sembrano tante "persone" prima che "personaggi".
Un film bellissimo, ma sono tanti da ricordare nella sua filmografia.
RispondiEliminaio direi tutti...che regista!!!!!!!!!
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