Scontro Diretto-Il cinema danese contro quello giapponese

                     









                                     










Due film per due squadre. Due capolavori per due paesi che ci hanno regalato piccole gemme cinematografiche. Due paesi e un solo posto per l'accesso agli ottavi.
E soprattutto due culture profondamente stridenti. Abbiamo scelto le opzioni meno eversive del linguaggio cinematografico indigeno, con il composto e internazionale "Il pranzo di Babette" a sfidare il film d'animazione del genio Miyazaky più premiato nel mondo occidentale e più noto, quella "Città incantata" che ha fatto dell'autore un fenomeno di massa. Proporre Lars Von Trier o "Italiano per principianti" di Lone Scherfig avrebbe forse mostrato il lato sperimentale (Dogma 95) dell'offerta, ma è un percorso pressocchè esaurito, e che rappresenta una vecchia fase, ormai disgregata negli individualismi, e dai cambi di rotta, così come un film di Susanne Bier avrebbe fatto immediatamente galvanizzare l'attenzione critica, ma "Il pranzo di Babette" è, per chi vi scrive, il più grande film religioso della storia del cinema, di una religiosità aperta e umana, non piegata alla logica del limite ma ampliata alla pacificazione sensoriale, al gusto, che si manifesta in un banchetto preparato con Grazia e Amore. E' un'opera che vede nella felicità terrena il raggiungimento della concordia con Dio, nella vicinanza all'uomo la salvezza plausibile. Insomma, un film che pone il massimo della religiosità nel "laico" villaggio bruno e scuro, immerso nella notte e nella nebbia delle norme, rischiarato dal sopraggiungere di una donna e dalle sue mani di fata che delizia il palato e sfida il limite del piacere.
Per il Giappone, Kurosawa, ma anche Ozu, avrebbero dato un'immagine più definita e articolata, ma la cultura giapponese si fonda sui manga e sull'astrazione visiva che è il punto focale dello studio Ghibli creato da Miyazaky. Ne deriva una scelta, per quanto banale, obbligata. Dimenticandoci della "Principessa Mononoke", "La città incantata" è un film di formazione che raggiunge dei livelli di nitidezza psicologica senza precedenti. Illustra la mente di un bambino destinato a sganciarsi dai suoi parenti e affida il tutto a un misto di realtà/illusione inscindibile, lanciando il primo sasso per la maturità intellettuale. E il mondo, pur essendo una scatola magica crudele, un villaggio popolato da arpie mostruose, un percorso in cui un uomo deve lottare con tutte le forze per vincere, è al contempo il luogo dell'affetto e dei bei momenti. Una parabola intensa e appassionante, matura e riflessiva, amara ma speranzosa. Un pò come la vita.

Lo scontro è impossibile, per campo non idoneo a disputare la contesa, perchè il grande cinema è tale indipendentemente da un voto o da una dicitura, tantomeno da un gol in zona Cesarini.

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