La piccola Principessa

Cuaron è uno dei miei registi preferiti. Ha dato ad Harry Potter una cadenza visiva pregevole, riuscendo nell'impresa di trasformare la serie child-oriented in qualcosa di più allusivo e cinematograficamente compatto, in virtù di uno stile riconoscibile. Ha affrescato, senza remore, un ritratto generazionale che sfocia nel dramma, e una storia umana di tre singole persone diverse e speculari, nel bellissimo "  Y tu Mamà Tambièn", che ha lanciato il duo Gael Garcia Bernal-Diego Luna nel firmamento delle star latine con successo internazionale. E soprattutto ha girato quei "Figli degli uomini", film che ha rivitalizzato, per non dire ricreato, il genere distopico-catastrofico, in ottica autoriale, come fosse un misto del Fahrenheit 451 di Truffaut unito ad esigenze simil horror e a una visionarietà alla Kubrick in versione popular (Pink Floyd). Andando a scorgere la biografia, si trova questo titolo, "La piccola Principessa", che è un remake del film omonimo con Shirley Temple, a sua volta legato al testo della scrittrice Burnett. Ma Cuaron unisce ad una buona dose di melassa un senso di mistero, di negazione dell'elemento infantile, di negazione dell'imanità più sfumato, meno riconducibile al modello ottocentesco, un'attitudine psicologica perfettamente novecentesca. E così che Sara (Liesel Matthews)
diventa una bambina adulta, che fà toccare i suoi sentimenti, fino a disegnarli in voli pindarici di fantasia o a farli rivivere negli occhi fissi verso il vuoto, un pò come l'Alice di Tim Burton, ma molto più eroica e vitale nel suo dolore e nella sua compostezza. Il film ha un andamento circolare, con il mascherino posto in alto che apre e chiude, lasciando intravedere una piccola parte, quella cogente, della narrazione, e mascherando tutto ciò che accade intorno, come ad avvolgere di mistero il mondo reale, concentrandosi solo su una dimensione favolistica, che assume i caratteri della mente, spiccatamente surreale, dei bambini. E' una pellicola portata a definire la pulizia e il candore dei piccoli, a farli interagire in un mondo in cui, nonostante tutte le differenze sociali e le disparità di trattamento, ogni cosa si colloca in una dimensione affettiva,, anche se il ricongiungimento può essere anche solo finale e alquanto incomprensibile all'ottica adulta. "La piccola principessa" è un film sulla bontà e sul senso di speranza dei bambini, contrapposto ad un'indifferenza adulta congenita e patologica verso il mondo, regolato da norme invalicabili, come il comportamento rigido e meschino della governante, che agisce in virtù delle sue mancanze, oppure la tappa forzata della guerra, che distacca un padre gentile dalla sua "principessa". I grandi agiscono in virtù di codificazioni comportamentali, definite prima del loro sorgere, a tavolino,  mentre i bambini sognano e nei loro sogni c'è una speranza pronta a tramutarsi, qualche volta, in realtà. Anche perchè la morte non è solo un pianto a dirotto, ma anche una possibilità di contatto diverso. Il mondo offre ai grandi la ragione, ai piccoli l'emozione incontenibile e fantastica. Molto articolata, anche in questo caso, la complessità visiva dell'opera che, pur ricorrendo a convenzionalità fiabesche (come la raffigurazione dell'India), mantiene un livello di resa e di attenzione ai particolari tipici solo di Cuaron.

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