Ghost Town e Mini Commento sull'inedito "The invention of Lying"

Domani su Sky 1 ,ore 21.

Ghost Town


E’ una nuova New York quella che si vede in “Ghost town”. Ha il tocco della commedia. Una commedia leggera e leggiadra, quasi contenitiva per l’umore, non di impatto, senza spiazzare, ma muovendosi bene, con destrezza, tra gingilli per i denti e reperti archeologi. “Ghost town” è la città fantasma, metafora della New York che non si vede, della vita semplice, del pranzo al ristorante, della cena tra amici. “Ghost town” è anche la più nevrotica rappresentazione dei newyorkesi dai tempi di Woody Allen. Da Grande Mela, si divide in tante parti ed una fetta spetta al suo animo burbero, una alla sua ossessività, una alla sua professionalità, una alla sua morigeratezza dissoluta.
Lo spunto del film è vivace, dinamico senza esser frenetico, perspicace, ci sono dei punti banalotti, qualche ruffianeria e l’ombra della tradizione di Frank Capra che impera. Le attenzioni riservate al film sono motivate dalla buona prova di un ottimo caratterista, Ricky Gervais, che ha tic, inettitudini e supponenze. Le malinconie sono sussurrate, non invasive, nitide. L’asse della commedia è saldo, le interferenze sentimentali sono il minimo. Tea Leoni mostra una capacità notevole, e fa pensare come la sua carriera stenti a decollare più per motivi di establishment che in base alle reali doti. Greg Kinner è un attore noto, che non perde lo smalto, ma un po’ di brio. La satira è appena evidente, quasi fiabesca, nel suo essere sincera e la storia si dipana senza accelerazioni, coordinata e piuttosto incline alla rappresentazione fanta-realistica piuttosto che all’analisi diretta.

perchè vederlo: per una serata piacevole ed estiva, senza dimenticare quel tocco di intelligenza british e di modello strutturale da commedia classica americana.

The Invention of Lying




Il successivo film della ditta Gervais è quantomeno discutibile, sicuramente un passo indietro rispetto al suo predecessore. Se volessimo definirlo, dovremmo riferirci ad un cinema cervellotico e profondamente razionale, studiato nei minimi dettagli, con una comicità calibrata e a bacchetta, con un intento che va oltre le possibilità di genere, ed una commistione, abbastanza originale, ma per nulla riuscita, di elementi fantastici inseriti in un contesto distopico, nel mondo dominato dall'impossibilità di dire menzogna. Il risultato è appunto un bignami di comportamenti sociali, studiato, a volte eccessivo, quasi mai corrosivo, che assume sul finale la forma del pamphlet moralistico, indigeribile. Praticamente dobbiamo entrare in empatia con uomini diversi da noi, che non hanno la capacità di mentire, e guardare i loro comportamenti studiati come se fossero manichini. Una critica al mondo odierno? Piuttosto si tratta di un'operazione di ispessimento delle difficoltà di interpretazione del film, tanto che, dopo un pò, scocca magicamente la volontà di stoppare. Il modello è molto simile a "Ghost Town", la resa molto diversa. Anche percè, in questo caso, è lo stesso Gervais a dirigere. Nel cast, Jennifer Garner e Tina Fey.




Infine, il trailer dell'ultimo film diretto e scritto da Gervais, con Stephen Merchant, "Cemetery Junction", cast all-Britain, e ritorno ad atmosfere meno oniriche e più inclini all'amarcord, con un misto tra "Mad Men" e "The office", secondo i creatori. Il film è piaciuto abbastanza, anche se moderatamente, alla critica, meno al grande pubblico, con incassi modesti, molto ai giovani cinefili. Vedremo.

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