Capolavoro-Il terzo uomo


Carol Reed dirige il prototipo del noir per eccellenza, o meglio la summa delle derive/derivazioni del genere più in voga in questa fase del cinema hollywoodiano. E' un capolavoro, ma probabilmente non il capolavoro per eccellenza. Se la regia tende a stilizzare figure e rompere le consuetudini spaziali tramite il ricorso al chiaroscuro, la sceneggiatura affonda il ritmo nell'indefinito e nell'irrisolto. Un irrisolto percettivo, basato sulla realtà e sulla mutevolezza della stessa, sulla morte e sulla sua messa in scena, sulla conoscenza presunta e l'inaccessibilità dell'altro. Orson Welles recita, e, pur essendo completamente insensibile al film, motore di guadagni in un periodo di magra che caratterizzerà tutta la sua carriera, sembra far echeggiare la sua mostruosa presenza in ogni particella del girato. La fotografia, il montaggio, la colonna sonora, sono in bilico tra il primo Welles, che destruttura la storia, e il modello imperante del noir tradizionale, che riesce a garantire una chiave di lettura finale piuttosto esaustiva. "Il terzo uomo"è una dicotomia tra l'apparenza e la realtà, tra la mentalità ristretta di un piccolo investigatore-scrittore e la grande arguzia di un genio del crimine. E' una storia che fà da sfondo a tante espressioni, a tanti personaggi, a tanti figure abnormi e mostruose, sfuggenti e labili, e che sfrutta le sue pedine per fare scacco matto allo spettatore. Riuscendoci. Nel cast Alida Valli, attrice italiana più amata all'estero, nonchè unica mora presente in un film di Hitchock. E Joseph Cotten, sempre eccellente. Quando l'incubo diventa realtà.

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