Becoming Jane

"Becoming Jane", di recente trasmesso su Rai Tre, è un film in costume di indubbia qualità. Far emergere dalla vita di Jane Austen elementi protofemministi è un'impresa coraggiosa. Perchè se le opere di Jane presentano tratti di emancipazione, la sua breve vita è avvolta da un alone di morigeratezza senza limiti. Il film, partendo dal testo letterario omonimo, si propone di andare a dare un carattere interpretativo alla psicologia di una donna simbolo della letteratura inglese. Perciò si pone nel tentativo, oggi piuttosto ripetitivo, di umanizzare il simbolo, il mito, la personalità. Dominano le pieghe umane, piuttosto che le pieghe dei panneggi di abiti eleganti. Dalla scrittrice, si passa alla donna, e da Jane Austen austera zitella, si passa ad una persona provata dagli eventi, in balia di essi. La confezione non può che essere accurata, laccata e piuttosto invasiva, ma a ciò si accompagna una solidità narrativa, per quanto banale. Buone le interpretazioni. Nutro dei dubbi su James McAvoy, la cui prestazione incolore non rende giustizia ad un personaggio sfumato. Meglio la Walters, discreta Maggie Smith. La sorpresa più grande è quella della protagonista: perchè Anne Hathaway ha quell'eleganza, quello charme, con il suo viso da bomboniera, che la Knightley, che nel genere ci sguazza, si sogna. Convincente la sua prova, nonostante la differente nazionalità (polemica pretestuosa, come buona parte dei film di fiction che ricostruiscono eventi o personaggi storici, tacciati di infedeltà, come se il cinema storico debba essere univoco e documentaristico).

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