La docufiction pugliese di area Vendoliana con radici marcate di un retroterra identificativo orgogliosamente sudista, e quindi piuttosto chiuso e rispettoso delle tradizioni secolari, convince. In primo luogo perchè riesce a trarre il carattere di una terra, i sapori, gli umori, la cadenza, i costumi, e qualche segno distintivo abbozzato e furtivo che dà un minimo di narratività, sfuggente. In molti punti, quando si ha a che fare con la porzione meridionale dell'Italia, si arriva all'esasperazione. Penso alla deriva della commedia napoletana, ormai un brandello di gag che non fanno ridere nessuno. Dalla Campania proviene Paolo Sorrentino, che è stato in grado di definire una cifra stilistica personale e coraggiosa, realizzando dei cult umorali e ambigui, istrionici nello stile, ma introspettivi nelle sottiglie comunicative. E' proprio la Puglia che sta cercando una sua dimensione. Una dimensione che da una parte affermi la sua identità, dall'altra rappresenti una sventata di aria, fresca d'estate e calda d'inverno. Mi vengono in mente Rubini, ma anche Winspeare, entrambi vissuti nella regione, e che l'hanno omaggiata con la descrizione degli usi e soprattutto con immagini di rara efficacia. Il passato cinematografico è lontano, si tende ad abbozzare, come nel famoso film della Comencini "Liberate i pesci", che è appunto caricaturale e disseminato di luoghi comuni, pur mantenedosi un prodotto gradevole, e lo stereotipo in un film che mescola stili in modo sapiente come questo è in agguato, ma ciò che colpisce, non si sa quanto a torto o a ragione, è proprio la volontà manifestata dai Pugliesi di chiudersi nel loro mondo, un'oasi felice e serena. Un mondo dove le multinazionali come McDonald's vengono ridotte al fallimento dalle focacce di Altamura, dove il capitalismo è vinto dal senso di comunanza e dalla famigliarità dei prodotto genuini. Va detto che la scelta di inquadrare solo questa parte di realtà, è un deterrente. Il film è comunque un omaggio ad una certa area politica, appunto quella Vendoliana, con lo stesso governatore che recita in una divertente sequenza nel film. La cosa non infastidisce, indipendentemente dalle proprie posizioni politiche, perchè il fattore "encomiastico" è mascherato e si tratta più di un omaggio sincero. Un piccolo appunto. Ci piacerebbe vedere qualche ritratto documentaristico del Nord, molto lontano dal nostro mondo. Il film "Focaccia Blues" è stato discretamente pubblicizzato per la presenza del simpatico duo (la lotta tra le province di Bari e di Foggia) Banfi-Arbore e per il monologo iniziale, vagamente dialettale, di Placido, ma non ha vuto una rimarchevole distribuzione.
La docufiction pugliese di area Vendoliana con radici marcate di un retroterra identificativo orgogliosamente sudista, e quindi piuttosto chiuso e rispettoso delle tradizioni secolari, convince. In primo luogo perchè riesce a trarre il carattere di una terra, i sapori, gli umori, la cadenza, i costumi, e qualche segno distintivo abbozzato e furtivo che dà un minimo di narratività, sfuggente. In molti punti, quando si ha a che fare con la porzione meridionale dell'Italia, si arriva all'esasperazione. Penso alla deriva della commedia napoletana, ormai un brandello di gag che non fanno ridere nessuno. Dalla Campania proviene Paolo Sorrentino, che è stato in grado di definire una cifra stilistica personale e coraggiosa, realizzando dei cult umorali e ambigui, istrionici nello stile, ma introspettivi nelle sottiglie comunicative. E' proprio la Puglia che sta cercando una sua dimensione. Una dimensione che da una parte affermi la sua identità, dall'altra rappresenti una sventata di aria, fresca d'estate e calda d'inverno. Mi vengono in mente Rubini, ma anche Winspeare, entrambi vissuti nella regione, e che l'hanno omaggiata con la descrizione degli usi e soprattutto con immagini di rara efficacia. Il passato cinematografico è lontano, si tende ad abbozzare, come nel famoso film della Comencini "Liberate i pesci", che è appunto caricaturale e disseminato di luoghi comuni, pur mantenedosi un prodotto gradevole, e lo stereotipo in un film che mescola stili in modo sapiente come questo è in agguato, ma ciò che colpisce, non si sa quanto a torto o a ragione, è proprio la volontà manifestata dai Pugliesi di chiudersi nel loro mondo, un'oasi felice e serena. Un mondo dove le multinazionali come McDonald's vengono ridotte al fallimento dalle focacce di Altamura, dove il capitalismo è vinto dal senso di comunanza e dalla famigliarità dei prodotto genuini. Va detto che la scelta di inquadrare solo questa parte di realtà, è un deterrente. Il film è comunque un omaggio ad una certa area politica, appunto quella Vendoliana, con lo stesso governatore che recita in una divertente sequenza nel film. La cosa non infastidisce, indipendentemente dalle proprie posizioni politiche, perchè il fattore "encomiastico" è mascherato e si tratta più di un omaggio sincero. Un piccolo appunto. Ci piacerebbe vedere qualche ritratto documentaristico del Nord, molto lontano dal nostro mondo. Il film "Focaccia Blues" è stato discretamente pubblicizzato per la presenza del simpatico duo (la lotta tra le province di Bari e di Foggia) Banfi-Arbore e per il monologo iniziale, vagamente dialettale, di Placido, ma non ha vuto una rimarchevole distribuzione.
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