Ho appena ascoltato, con relativa celerità, le probabili canzoni che entreranno nella cinquina degli Oscar (nuove regole, dalle tre degli ultimi anni si passa nuovamente ad una cinquina, con quale cognizione di causa non si sa). Un anno è trascorso dalla supremazia dell'orrendo "The millionaire", uno dei film più insulsi, banali, prevedibili, finto-autoriali, buonisti, senza nè capo nè coda, maldestramente diretto e recitato, con una soundtrack sempliciotta e con un aggravante duro come la roccia, che può essere scalfita solo da una lenta erosione: la vittoria, come best song, di un motivo assurdo, che preferisco non menzionare per non invogliare l'ascolto, quando un certo Bruce Springsteen aveva affrescato la parabola di un wrestler in poche righe struggenti e rivelatorie. Quest'anno c'è "Cinema Italiano", voce di Kate Hudson, (qualche post fa, la bottega degli orrori) che rischia di entrare in cinquina, ma grazie al cielo, con un possibile ridimensionamento del film, prime recensioni, mediocri, alla mano. Su chi puntare? Ad oggi, viste le nuove regole e l'interpretazione soggettiva (da parte dell'Academy) delle stesse, navighiamo quasi in alto mare. Buone probabilità, forse, sono nelle mani di due prodotti atipici: il ritorno della Disney alla bidimensionalità della "Principessa e il ranocchio" con una base pop con viraggi jazz all'acqua di rosa ("Almost there") e l'indie "Crazy Heart", che punta su un genere molto diffuso negli United States, il country, attraverso la delicata e, al contempo, ruvida melodia di "The weary kind". Voglio focalizzare la mia attenzione su due brani commerciali (la musica pop non è necessariamente una vergogna) di due scommesse: il ritorno di James Cameron dopo l'aver ingoiato statuette e dollari con l'iceberg rivoluzionario, tra il melenso e l'eccellenza tecnica, "Titanic", ormai ampiamente identificato dalla critica e dal pubblico come "Re del mondo cinematografico" (e Rotten Tomaetos, stando ad un numero cospicuo di recensioni del suo ultimo film fantascentifico in 3D, ne dà conferma), e la storia di "An education", targata Nick Hornby, di una giovane ragazza nel periodo della "Swinging London" , interpretata dalla promessa Carey Mulligan, una nuova Audrey Hepburn incline al dramma, data come vincente nella categoria Best Actress sopra un'appannata Meryl Streep. Le due songs in questione sono molto diverse. Duffy, con una b-side, dal titolo "Smoke without fire", affonda come al solito nel retrò dei sixties, in modo pregevole, ma soprattutto evita di graffiare inutilmente con la voce, arrivando, sempre più spesso, ad una semplicità meno costruita e pregevole; alla voce armonica della discontinua Leona Lewis viene affidata la canzone del kolossal di James Cameron, "I see you", e se c'è un deja-vu è chiaro: qualcosa ricorda "My heart will go on" della pessima Celine Dion, ma una caratteristica è vincente e sta nel crescendo infinito della ballad e nell'utilizzo di suoni tra l'onirico e la stilizzazione eterea, senza inutili vocalizzi. Su questo argomento, tornerò in seguito.
Il link per la canzone di Duffy è: http://www.youtube.com/watch?v=9rHNOTtShwM
Il link per ascoltare Leona Lewis è http://www.youtube.com/watch?v=vSzFair0jWs
Notate qualcosa nell'accostamento di locandina e fotografia?Beh, siete sulla strada giusta...
Commenti
Posta un commento