Review 2011 - Beginners
















 


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"Beginners" è una costruzione di immagini, un documentario a ritroso modellato su una storia che unisce i diversi piani temporali del passato e presente, vicenda individuale carica di speranza e di dolore, a sua volta, ibernata da una forma artistica e artefatta, resa emotivamente devastante grazie all'appiglio storico facilmente riconoscibile e alla forza interpretativa degli attori coinvolti. "Beginners" è un ritorno gradito, magnifico, quello di Mike Mills, dopo anni di digiuno filmico seguiti al successo di critica dell'inconsueto "Thumbsucker". Ed è un'opera autiobiografica che rimanda all'esperienza personale del director californiano. Forse proprio per questo, "Beginners" è uno dei film a tematica lgbt più corposi, trascinanti, razionali e densi mai realizzati. Mills, che è un'artista visivo prima di essere un cineasta, non a caso consorte dell'altrettanto eclettica Miranda July, riesce ad intercettare, in una forma inconsueta, caratterizzata da un mutamento continuo e per nulla speculare dei piani temporali e del punto di vista del personaggio centrale, l'alter-ego Ewan McGregor che funge da narratore esterno agli accadimenti, un'esperienza realmente vissuta, quella del padre Paul, dichiaratosi omosessuale in età avanzata, a seguito della morte della moglie e madre dello stesso Mills. La vicenda individuale, frutto di una diretta convivenza con la complessità di emozioni scaturite dall'inatteso coming-out e dalla malattia del padre, diventa una storia corale a più facce, in cui gioia e dolore si manifestano compiutamente e senza una vera possibilità di discernersi. Il montaggio, curato dal giovane Olivier Bugge Coutté, è uno strumento di racconto che oscilla tra il narrativo e il poetico, dando al film un taglio personalissimo e originale, che non punta all'immediatezza ma esige una ricostruzione mentale dello spettatore semplice ma anche fortemente razionalizzante. Proprio grazie alla scelta formale, tra l'asettico e il documentaristico, i due piani, quello personale e quello sociale, vengono a galla in momenti diversi e trovano una sintesi grazie alle emozioni dei personaggi coinvolti, chiamati a rimembrare un passato famigliare ma anche un percorso di emancipazione e acquisizione di diritti che riguarda momenti storici fondamentali per la comuntà lgbt, nel Novecento post-'68. Il rimando storico richiede conoscenza sommaria delle date più importanti per il movimento ed è in netta analogia con molti film di recente produzione come il "Milk" di Gus Vas Sant e "L'Urlo" dei registi "tematici" Rob Epstein e Jeffrey Friedman sul poeta Allen Ginsberg, tanto che tali personaggi "storici" ritornano in alcuni veloci carrellate di raccordo in carne ed ossa sullo schemo. Accanto alla digressione/ricostruzione del cammino lgbt, ci sono due diverse storie d'amore personali, quella tra il rinato padre Paul, interpretato da un Christopher Plummer in cerca di un meritato Oscar, e il giovane "amante" Goran Visnjic e quella, veramente dolcissima, tra il protagonista Ewan McGregor e la splendida Mélanie Laurent (cominciata con un eloquentissimo incontro in cui i due sono mascherati rispettivamente da Freud e Jung). Ciò che, in passato, sarebbe stato materiale per un melodramma di Tennesee Williams da filtrare sullo schermo secondo i diktat imposti ad Hollywood, viene integrato in un'opera di accettazione e positività, in cui la riscoperta della vita e l'avvento della morte vanno di pari passo e arrivano a colpire lo spettatore, grazie ad una combinazione inconsueta dei due elementi. Il tutto è merito del lavoro interpretativo dell'intero ensamble, ma soprattutto del bilanciamento tra sceneggiatura intelligente e sentita (curata dallo stesso Mills) e costruzione formale didascalica e mentale. Uno dei film più belli del 2011.




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