Review 2011 - Pina











L'anno di Pina Bausch al cinema. Dopo il vitalissimo e pedagogico documentario "Dancing Dreams - Sui passi di Pina Bausch", è un grande autore a dare forme compiuta alla danza della grande coreografa tedesca. Win Wenders erge la conterranea "Pina" a rappresentazione artistica, dimenticandosi completamente di un inquadramento biografico che sia minimamente aneddotico. E così il teatro-danza diventa il vero asse centrale della pellicola, che vive completamente sulle performances individuali e mira all'omaggio solo indiretto e incidentale. La danza squarcia il velo della bidimensione e si aliena dalla propria contestualizzazione spaziale, arrivando a coprire luoghi insoliti e a destrutturare una realtà narrativa coerente. "Pina" è un film visivamente affascinante che segue solo una motivazione emotiva e artistica. Piccoli segmenti più che omogeneità, interviste generali e incocludenti con gli allievi della coreografa, mentre la forza della splendida colonna sonora esprime una drammaticità intensa e primordiale. Wenders non riesce a colpire nel profondo e la sua opera è eccessivamente ambiziosa per restituire una parvenza di immagine a proposito della donna Bausch, rispetto al precedente "umano" della coppia Linsel/Hoffmann, ma il suo sguardo non cerca l'agiografia individuale e vuole dar voce e immagine alla Bausch artista, attraverso il suo lascito testamentario per eccellenza, evidente nelle grandi prove dei suoi ex-allievi, la sua Arte. "Pina", perciò, è un documentario sull'Arte in sè e rischia di essere, nella sua perfezione formale, frutto di un'esaltazione eccessiva e fine a sè stessa, ma anche un lavoro certosino e visivamente bellissimo che dia finalmente dignità alla rappresentazione artistica su un mezzo, il cinema, che solo in parte condivide la derivazione dalle altre forme d'arte e che, sin dalle origini, vive nel difficile rapporto con il consumo facile. "Pina" di Wenders è l'antidoto a questa prospettiva e al contatto, necessario ma spesso ambivalente, tra il cinema inteso come espressione poetica e il suo bagaglio legato alla produzione/commercializzazione nonchè alla sua essenza formale condizionata da un'incidenza altissima di qualcosa che sfugge all'artista in quanto tale, la riproducibilità tecnica. Wenders riesce a fare della tecnica un perfetto corrispettivo del genio artistico. Con semplicità e senza eccessi.


La recensione dell'altro documentario su Pina Bausch, "Dancing Dreams"

http://contactcinema.blogspot.com/2011/08/review-2011-dancing-dreams-sui-passi-di.html

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