Figlio del SNL, politematico sfoggio di virtuosismi poco edificanti e di clichè non sempre originali, "MacGruber" si rivela, in effetti, un lungo sketch sovraccarico. Ma è proprio questa la sua forza: fuori da una narrazione compiuta, il non-sense si espande ad ogni livello, scegliendo, come chiave di lettura, la formula del paradosso idiota low budget di vecchia scuola. Sostenuto da interpreti azzeccati (ma non debordanti), "MacGruber", in fin dei conti, funziona.
La difficoltà stava nell'allestimento complessivo. Trasformare un breve sketch, per quanto seriale, in un film di 90 minuti non è quasi mai operazione fruttuosa. Anche nel caso di "MacGruber", volendo leggere la pellicola nella solita articolazione causa-effetto di matrice realista, il risultato è del tutto fuori sincro. Ma sarebbe limitante verificare le incongruenze di tal tipo in un contesto che mira a svuotare il dato realistico e costituire una parodia (a lato) di un telefilm action degli anni '80. Casomai, sarebbe opportuno chiedersi se l'accozzaglia di gag ed elementi garantisca un risultato appetibile e non gratuito. Anche in questo senso, "MacGruber" non è emblema di novità , non è commercialmente all'avanguardia ed è l'ennesimo tentativo di dare forza al mercato della parodia occupato, in gran parte, da produzioni che definire pessime è usare un eufemismo ingiusto. E allora qual è il merito del film? Probabilmente la sua carica eccessiva, il suo ricorso ad un volgare in odor di Apatow, la sua ambiguità, il rutilante ondeggiare di situazioni sempre diverse e sempre uguali. Non certo la regia, di Jorma Taccone, che ha alle spalle una carriera di terzo piano, ma il cast, composto da nomi storici televisivi, ora in gran spolvero sul grande schermo, Will Forte e Kristin Wiig (un fenomeno della commedia), oltre a Maya Rudolph (che il gran salto l'ha fatto da qualche anno) e Ryan Philippe, un po' in ombra.
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