Review 2011 - L'altra verità (Route Irish)







Loach va in guerra, ma il suo è un ritardo personale e storico incolmabile. La guerra diventa indagine/verità individuale, ma l'ombra dell'insensatezza è in agguato. Film pesante e pedante senza una propria attualità né una vera urgenza.



"L'altra verità" non riesce ad integrarsi con il tessuto cinematografico di riferimento attuale. E' una pellicola sospesa e distaccata, incapace di interagire con la modernità del tema. Loach avrebbe potuto, a distanza di anni dalla nascita di un "cinema della guerra" post-Iraq e Afganistan, tirare fuori un'opera equilibrata e riassuntiva. Invece finisce col congelare il momento grigio dell'indagine a distanza e a renderlo un percorso lento e sbiadito di raccordi interpersonali e reciproche  menzogne, alla ricerca di una verità sfuggente e metaforica. L'attenzione alle classi-sociali più basse tipica di una stagione pressoché unitaria del regista,  il tono poetico del precedente "Il mio amico Eric", con cui Loach aveva cercato una lettura/rilettura del mondo più incline al surreale e distaccata, gli spunti storicizzati dell'intenso "vento che accarezzava l'erba" sono sostituiti dal linguaggio slavato della documentazione, dall'accentramento dell'elemento drammatico, da uno scarto marcato tra la forza degli avvenimenti e la recitazione intensa dei protagonista e un apparato formale freddo e poco ispirato, asettico e impersonale, non in grado di comunicare nulla allo spettatore. La ripetizione, la provocazione, l'eccesso fanno capolino nei momenti meno adeguati, come quando una scena pre-splatter mette a dura prova la tematica politica sottostante e fa emergere una certa indulgenza verso i caratteri della pellicola, non troppo corposi o delineati, ma soltanto parte integrante di una storia asettica a sua volta e votata alla semplice raffigurazione immediata del pensiero registico, che mira a convogliare l'intera situazione sul messaggio finale, esplicitato nel titolo italiano, della "verità altra", o meglio, delle verità altre che appartengono all'interpretazione della realtà. Il Loach-minore non riesce ad arrivare al suo pubblico né a trovarne altro. Riesce soltanto a confermare che è solo l'urgenza e l'immediatezza del documentario a costituire la base necessaria per avviare un discorso complesso sulla guerra e la sua essenza. Le opere di fiction rendono artificiale il dato naturale (o meglio innaturale) della violenza e dello scontro. Per la denuncia del "fuoco amico", vi consiglio "Nella valle di Elah" di Haggis, più essenziale e ispirato.

Commenti