Invisibili - Rocket Science (2007)






Intelligente e perspicace "nerd-movie" non privo di un'analisi psicologica matura, "Rocket Science" è una pellicola garbata ed emotivamente coinvolgente, senza dimenticare un certo gusto per una comicità cinica e disincantata. Più incline al dramma che al tono surreale (alla "Election" di Payne), rappresenta il lato "razionalizzante" e "filosofico" della nuova adolescenza, tra incertezze e possibilità.

"Rocket Science" è un po' la conferma che un film "youngly" per essere originale e moderno non può tralasciare una contestualizzazione ambientale scolastica. Più che altrove, l'analisi dell'adolescenza in sè attraversa necessariamente il luogo destinato allo studio. Buona parte dei film di questo tipo, con un minimo di sostanza (ed evitando le solite boutade da tubo catodico) necessitano di un riferimento diretto o meno all'educazione. E così che "Half Nelson" ha indagato attraverso gli occhi di un professore depresso e alternativo (uno stupefacente Ryan Gosling) un'adolescenza tra traviamento e ricerca di punti di riferimento, così "La Classe" di Cantet ha cercato di rappresentare un desolante mondo ai margini, nelle banlieu parigine, così Luchetti ha mostrato il "dietro-le-quinte" del sistema scolastico italiano, senza tacere il lassismo comune. "Rocket science" ha un'ottica e un'impostazione in parte diversa, in parte assimilabile ad un film di questo tipo. Infatti se cerca di essere, da un lato, un'opera critica nei confronti delle operazioni di "specializzazione-competizione" tipiche del sistema statunitense (in particolare l'arte della oratoria assume un relativismo proverbiale per un mondo contraddittorio come quello americano), che il regista, Jeffrey Blitz, aveva già affrontato nel documentario "Spellbound" in cui aveva seguito scolari in procinto di partecipare ad una gara di spelling, dall'altro è anche dotata di un certo lirismo o quantomeno di un accentramento sulla tematica individuale, la storia del protagonista Hal Hefner, interpretato da un perfetto Reece Thompson, minuscolo ragazzino tra balbuzie cronica e volontà di riscatto. Invece di sfiorare (come altri casi di notevole afflato, si veda "Election" e il dissacrante mondo ambizioso-surreale di Alexander Payne) una rappresentazione parossistica, Blitz punta sull'uniformità dei suoi personaggi, mantenendo una linearità da cinema classico, con evidenti vuoti/ellissi che non ostacolano il senso dell'opera in sè. Anche quando inserisce un discorso non propriamente edificante sul comportamento giovanile, evita di portare avanti un confronto duro e di dare al personaggio un'accezione macchiettistica, cercando di non enfatizzare il ruolo da villain. A questo livello mai "sopra le righe" contribuicono molto le interpretazioni dell'intero cast, in particolare di Anna Kendrick e Nicholas D'Agosto. La tematica portante viene alleggerita da un numero cosipicuo di personaggi divertenti e dalla compresenza di storie diverse che si incastrano con perspicacia alla fine (quando compare un personaggio presente solo nello splendido incipit costruito, mediante voce fuori campo, con un montaggio parallelo efficace). Blitz riesce ad essere realistico e fantastico insieme, con un tocco speciale nella costruzione di caratteri adolescenziali e un occhio all'istituzione scolastica lontano dal luogo comune.




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