Accolto con freddezza assoluta e polemiche roventi in quel di Cannes, candidato senza merito quest'anno nella cinquina dell'Oscar come miglior film straniero, "Uomini senza legge" è un'opera non troppo originale, molto curata sotto un profilo tecnico, ma priva di quel calore umano e quella analisi oculata opportuna nel presentare uno sfondo storico comune. "Militante" e assettico ibrido di generi, è piacevole, nonostante la durata, ma nulla altro.
Opera provocatoria, soprattutto per le evidenti discrasie storiche e per il carattere "militante" del regista Rachid Bouchareb, che non manca di adottare un profilo di re-visione personale e collettivo dei soprusi compiuti nei confronti della comunità algerina ( il precedente "Indigenes" era di ben altra corposità e attendibilità), "Uomini senza legge" è una pellicola ampiamente commerciale, nonostante un minutaggio sovrabbondante, che riesce ad intrattenere ma non a coinvolgere nè emotivamente nè razionalmente. Lo stile di Bouchareb, già di per sè non elaboratissimo e personale, viene sovrascritto alla componente gangster, qui inclusa come collante della descrizione storica, non senza qualche evidente mancanza di omogeneità strutturale. Il giudizio non può non trascendere l'aspettativa dello spettatore, che da una parte si trova di fronte ad un melò famigliare, dall'altra un pamphlet politico filologicamente non esaustivo e corretto, dall'altra con un action-gangster style ambientato (con un gusto estetico notevole) in una Francia che assomiglia ai luoghi eleganti e soffusi di Scorsese e dei suoi "bravi ragazzi", con qualche cenno al Mann di "Nemico Pubblico". La storia famigliare è il punto di raccordo di tutte le componenti, peccato che il significato ideologico e didascalico sia preminente, così come una valutazione generalmente positiva e non critica delle azioni dei ribelli-criminali (con qualche mea culpa un po' tardo). E' un'opera leggibilissima e facile, carica di difetti su tutti e fronti, ma anche accettabile, considerando la cura tecnica e il gusto retrò. ma non chiamatelo film ad ambientazione storica, che qualcuno, giustamente, potrebbe risentirsi. Non posso che salutare con affetto la neo-partecipazione di Jamel Debbouze, che è un piccolo Almaric in fieri.
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