Review - La banda dei Babbi Natali







5.0 su 10

Non è il periodo propizio per farne menzione, ma, giacchè l'uscita dell'homevideo è stata pianificata in una data tanto dissonante, vale la pena farne un breve cenno. Diretto da Genovese, "Big-director" dell'anno, con un secondo film campione di incassi in un paio di mesi, "Immaturi", è stato il ritorno al successo del trio più prevedibile dello spettacolo italiano, Aldo, Giovanni e Giacomo, capaci di sterili ripetizioni di loro stessi in ogni formato, che sia televisivo, loro patria di origine, teatrale o cinematografico. "La banda dei babbi Natali" è stato definito da molti un prodotto riuscito e lieve perchè evita le volgarità del cinepanettone e presenta una narrazione un minimo articolata. Beh, vi dico, che nessuno dei due elementi è una giustificazione adeguata, quando ci si trova di fronte ad una pellicola che sembra essere stata realizzata per la televisione commerciale, con qualche tocco alla Brizzi (vi dicevo ieri che non manca mai nelle commedie di nuova generazione), qualche ruffianata "natalizia" che fa atmosfera e, nella realizzazione tecnica di poco sopra gli standard, con una trama pretesto che si apre a gag ripetitive, lente, soporifere. Per dirla tutta, in tutti i 90 minuti, mai un sorriso ha solcato il mio volto, alimentando una spasmodica voglia di porre fine ad una visione tutta orientata a flashbacks di ricostruzione, con sapore notevolmente televisivo, intramezzi e attori da sit-com e pochi accorgimenti alla credibilità realistica compresi. E' un film-episodio, magari lungo, della tradizione a basso budget di reti minori, in cui si dispiega una coralità non troppo appariscente e personaggi/cammei/comparse che non hanno alcun legame con il film, come la Maionchi, se non quello di rimpolpare la sfera pubblicitaria tramite partecipazioni redditizie (per tutti) in prime-time. Le attrici, a parte la Finocchiaro, del resto abituata al genere seriale, sono incapaci di reggere una scena cinematografica, ma d'altronde l'ottica tipicamente teatrale è ottenuta insistendo continuamente su interni irreali con un ritorno costante alla stazione di polizia. L'uso del flashback, infatti, ha la funzione, di determinare, a posteriori, la ricostruzione dei fatti/non fatti, mentre perde la pazienza, dato la scarsa forza trascinante della storia, non solo il commissario-donna ma anche lo stesso spettatore, costretto a guardare una serie di sequenze zeppe di nulla e ricche di luoghi comuni, senza una buona costruzione della sceneggiatura, che suona messa lì tanto per riempire spazi, piuttosto che cercando una continuità narrativa brillante. Il trio è fuori forma, anche se qualche dose in meno di caratterizzazione facile aiuta gli attori ad essere meno macchiette e più realistici, cresciuti sotto un prfoilo emozionale. Insopportabile la partitura. Ma non possiamo chiedere di più ad un film "natalizio", visto che in agguato c'è il cinepanettone. Anche se, a dire il vero, in entrambi i casi, il vero cinema è molto, troppo lontano.

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