Tv-Movie of the Day - Il petroliere



Su Rete4 alle 21,10


Nelle stesse grulle distese dove i Coen si cimentavano con l’analisi spettrale della violenza cin "No country for old men" che li vide festeggiare l'Oscar, l’ellittico ed alternativo (in film d’ensemble come “Magnolia”, un concerto di voci perseguitate dalla vita che vedono la catarsi possibile o nel flop-failure commerciale “Ubriaco d’amore”, in cui ridisegna uno stile elegiaco amabile o odiabile a seconda dei casi) Paul Thomas Anderson ritrae, con tradizionalismo, “in a classic way”, il mito Americano, dissipandolo del suo chiarore, e, sporcandolo del sangue annerito da un viscoso e oleoso petrolio che, fuoriuscito da terre aride, zampilla a fiotti, fino all’esplosione in grado di smuovere un intero sistema di trivellazione. Caratura storica che si intravede in un percorso-misura di una contestualizzazione del primo 900', quando la neo-rinascita si manifesta sotto l’effige di una corsa all’oro nero che è sicuramente rivoltante, insensibile alle leggi della natura e al rispetto umano, con una visione orrorifica dell'uomo, tra misantropia (“Odio la maggior parte della gente, guardo le persone e non ci vedo niente di attraente”)e agghiacciante mancanza di senso di paternità, oltre all'aggressività fino all’uccisione. Cratteristiche che si integrano tutte nel personaggio, dominante, trascinatore e senso stesso della pellicola, interpretato dall’Oscar (scontato) Daniel Day-Lewis, che non esiste in funzionalità del film, ma è in tutto e per tutto film, l’ingranaggio unico e fondamentale che mette in secondo piano il calibro della regia, la buona sceneggiatura, il solidissimo (premiato a Berlino) commento musicale di Jonny Greenwood, i cui suoni sinistri e disarmonici ben si addicono all'atmosfera richiamata. Il limite maggiore della pellicola si pone, per questo, nell’eccessiva attenzione e nel grande charme magnetico del “cacciatore d’oro”, che non pare asservirsi al film, ma ne rappresenta l’entità più profonda, mettendone in secondo piano ogni altro aspetto cinematografico, compresa la grandiosa fotografia. Unica figura, antitetica ma speculare, il predicatore interpretato da Paul Dano, che mostra caparbiamente, nell’epoca del fondamentalismo religioso, doti di intrattenitore e caratterista, quasi un attore della nascente Hollywood, in grado di smuovere le masse, con una personalità contraddittoria (quando si scaglia contro il padre o risponde all’attacco del “Petroliere”), che crea una poco empirica “Chiesa della Terza Rivelazione”, arrivando per soldi (vero stimolo alla vita) a rinnegare Dio (“Dio è una superstizione”) con la stessa intensità dei suoi sermoni quotidiani. Anderson dirige un film che è insieme perfetto ma manchevole. Il cinema può esserne orgoglioso, lo spettatore anche.

Commenti

  1. un film imperdibile a mio avviso. Dimenticato troppo in fretta.

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  2. concordo...era un'annata da Oscar molto forte, quella...e "Il petroliere" è troppo duro, anche "pesante" in un'accezione positiva per essere digerito facilmente...

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