7.0 su 10
Il ritorno di John Landis al cinema non avrebbe potuto trovare un risultato migliore, perchè "Burke and Hare", lungi dall'essere perfetto, è sicuramente un prodotto godibilissimo e di buona fattura, come evidente dalla costruzione scenografica e visiva in genere che non nasconde la solita attenzione al particolare. La descrizione dell'Inghilterra (più propriamente della Scozia) vittoriana è sottolineata da un uso accorto della luce, con meandri bui e malfamati, che si oppongono all'illuminazione artificiale degli interni ed è soprattutto la sequenza introduttiva, quella del mercato nella città di Edinburgo a dare un'idea del carattere contraddittorio di una società morigerata a caccia delle nuove streghe, in cui la volgarità del popolo e la sua pedanteria vivono in opposizione ad un potere dominante che si chiude nelle sale eleganti di qualche sfarzoso (solo all'interno, non nella facciata) palazzo o nelle accademie riservate ai maestri della nascente scienza. Anche il preciso inquadramento è perfetto. Da una parte il commercio, la borghesia nascente, dall'altra le classi colte di studiosi, in particolari di "Illuminati", scienziati affiliati al potere chiamati a "salvare l'umanità" dalla piaga delle malattie e della morte (quello che è poi il positivismo nella sua declinazione più marcata). La storia dei due "galoppini" Burke e Hare, realmente vissuti, è parte integrante di questo ambiente, dominato dalla ricchezza, ma anche dalla condanna del reato, dall'influsso dei potenti, ma anche dalla nascita del concetto di popolo, che si unifica al momento dell'esecuzione, con giubilo arcigno. Burke e Hare entrano nel mercato del recupero dei cadaveri da tempo, in modo da soddisfare l'esigenze del potere illuminato, aperto a esperimenti di comprensione del corpo umano, dell'anatomia e di funzionamento/risoluzione delle malattie. E così che i cadaveri, senza una regolamentazione completa, sono sezionati da uomini impettiti (come un grande Tom Wilkinson) al servizio della ricerca, ma il numero necessario è di molto superiore a quello disponibile. E l'attività dei due è quella di aumentare, di propria mano, il numero, dietro lauto compenso. E' chiaro che, da questo punto di vista, il film debba seguire una strada tradizionale e legarsi magari a personaggi femminili, molla consapevole o meno delle azioni atroci dei due protagonisti. Così da una parte abbiamo una rampante donna in cerca di posizionamento e pronta ad entrare nel giro, dall'altra una fanciulla che cerca il successo come attrice, che viene coinvolta suo malgrado. La storia si banalizza e perde di mordente, ma mantiene un contegno e una dignità, senza scivolare mai nel volgare. Ottimo il duetto Simon Pegg-Christopher Lee, così come l'intero cast (anche se Isla Fisher è sprecata, come al solito). Peccato che la seconda parte riveli i limiti della sceneggiatura in termini di forza cinica e dissacratoria, ma il film è un tassello importante e non va penalizzato ulteriormente. Quindi una visione è più che consigliata, soprattutto in originale.
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