Review 2011 - Un giorno della vita





Il cinema italiano continua nell'amarcord, rifugiandosi in un passato che sembra essere l'unica via di salvezza rispetto ad un presente tagico. Per dirla chiaramente, il cinema italiano è reazionario, conservatore, incapace di esprimere una chiave moderna, vincolato alla tradizione, ad esso devoto, che sia fascista, comunista o DC. E "Un giorno della vita" è, in sottofondo, un ritorno a Don Camillo e Peppone, privi di ogni carica attuale, edulcorato dalla vena "tornatoriana" che struttura la storia. Tornatore, che già ha non pochi problemi di suo, in quanto a  credibilità artistica, è diventato, suo malgrado, il maestro di una lunga serie di registi. Capasso struttura il film come se fosse un'opera minore del regista di "Baarià" ed arriva all'elogio del cinema, in una tradizione ben diversa, che risulta essere quella materialista del marxismo all'acqua di rose (da qui Don Camillo e Peppone), diffuso tra vari strati della popolazione in quella fase. Da questo contrasto, che si esplicita nella relazione complessa padre-figlio, nasce un'opera che non offre molto in quanto ad originalità, di mestiere, in cui la cosa migliore è appunto la ricostruzione di vari momenti cinematografici in presa diretta, tra le locandine e i fotogrammi cinematografici da Chaplin alla scandalosa "Dolce Vita". E' un cinema di aneddoti, che si basa su una storia ridotta a notizie da giornale, e delinea caratteri famigliari senza verve. La recitazione latita, Mahieux fa il solito commediante da farsa napoletana, la Cucinotta sembra uscire da una di quelle storie di mafia, con tanto di omertà marcata, i piccoli protagonisti non sono perspicaci, Pascal Zullino sta a teatro piuttosto che sul set di un film. Convincente la chiave musicale, ma dopo 90 minuti l'impressione di aver visto una fiction televisiva prevale. E il déjà vu diventa poco sostenibile.


In uscita il 14 Gennaio 2011

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