Review - Non è ancora domani (La Pivellina)




"La Pivellina" è l'espressione massima della poetica Zavattiniana, in un'epoca che sembra aver dimenticato l'infanzia, la strada, l'emarginato. Volendo fare un paragone, nonostante la diversità stilistica, la pellicola, diretta da Tizza Covi e Rainer Frimmel, è sulla stessa lunghezza d'onda de "La Bocca del lupo". La simmetria sta nell'assetto rappresentativo, non nelle caratteristiche formali della pellicola, che è documentaristica nel caso del film di Pietro Marcello, di finzione (ma con attori non professionisti) nel caso de "La Pivelina". L'assonanza è legata alla rappresentazione di un mondo di "ultimi", in cui il sentimento si mostra in tutta la sua forza, checchè ne dica il pregiudizio comune. E così c'è la rappresentazione di una famiglia non ecumenica, con l'arrivo, in una comunità circense, di una bambina abbandonata. La particolarità della pellicola è quella di essere stata girata, costruita, recitata, come si trattasse di vita vera, e se "La bocca del lupo" sfondava il divario tra la realtà e una sua rappresentazione artistica, qui avviene il processo contrario, con un soggetto di finzione che diventa reale. I due piani si accavallano, e l'emotività, in odore fortissimo di neorealismo, diventa traboccante. Un'ode all'infanzia, con una bambina che sprigiona una carica di forza vitale, nel mondo dei pagliacci del circo che piangono, ridono, vivono tra ruolotte e famiglie mutevoli, in cui l'unione fa la forza e l'umanità è priva degli egoismi della società odierna. Bravi gli attori, con una Patrizia Gerardi rosso accesso che si mostra in tutta la sua semplicità e soprattutto la piccola Asia, che diventa il punto luce che rischiara le vite. E, per un momento, la vita appare, anche agli spettatori, davvero più bella.

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