Review - Picture Me

Il documentario è un'arma a doppio taglio per il mondo cinematografico. Da una parte, porta a rappresentare un'angolazione piuttosto nascosta (o meglio non in superficie) della società, dall'altra rischia di essere una delle tante facce del medesimo tema. Da qualche anno (e lo vediamo costantemente) è l'alta moda ad essere diventata oggetto di rappresentazione documentaristica. I risultati sono stati anche incoraggianti e qualche anchorman/woman ha trovato la sua vetrina per conquistare un pubblico più vasto. In realtà, i successi al botteghino non sono stati enormi, e piuttosto ci sono stati esempi di indiscutibile qualità. Penso al documentario su Valentino, oppure al ritratto edulcorato di Anne Wintour in "The September Issue". In questi casi è evidenti un minimo di problematizzazione e un tecnicismo artistico ben calibrato. Questi documentari hanno dietro la mano di professionisti. "Picture me" è qualcosa di diverso. Si tratta, infatti, della raccolta, amatoriale (nonostante il director, fidanzato della modella, abbia, a quanto si apprende, studiato cinematografia), di momento della vita da passerella (e da backstage) di Sarah Ziff, modella americana, passata per stilisti importanti, da Marc Jacobs ai nostri Dolce e Gabbana. La Ziff è una sorta di eroina delle modelle (o almeno così si presenta) e tende a denunciare i pericoli gravosi di questa attività, soprattutto in età giovanissima. Attorno a lei, durante gli anni che la vedono ancora in carreggiata, fino al 2006, quando riprende l'università, un gruppo nutrito di ragazze visivamente affascinanti, che parlano direttamente alla telecamera, e spiegano il loro punto di vista sul settore. In realtà, il film, che potrebbe convincere proprio per l'aria naif, per il tocco amatoriale, per il fatto di essere insieme tanto finto da sembrare vero (ci riferiamo alla recitazione della Ziff, che esagera in modo elementare le emozioni), diventa il manifesto dei luoghi comuni, di cosa sapute e risapute, di istanze per nulla interessanti. Non si fanno nomi, si parla di storie lontane, si accenna un pò a tutto, dalla cocaina allo sfruttamento all'anoressia, alla giovanissima età, ma con una sufficienza impossibile da mascherare. La "modella" viene rappresentata come circondata dal lusso ostentato (le cifre ricorrono con insistenza), ma anche come automa, macchina bella da guardare, pronta ad essere gettata via, per un'età troppo avanzata (e si parla di ventenni). La critica al sistema c'è, nel momento in cui ci si riferisce al proprio status non solo di modelle, ma anche di "persone" da rispettare, ma il tutto è ridotto alla banalità pura. E non basta a salvare un prodotto, che intressa, come detto, proprio per il fatto di essere indipendente e a volte affine a quei tape amatoriali che circolano in rete (togliete la parola sex dalla vostra mente).

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