Tris di donne e abiti nuziali

Ancora cinema Italiano. Ancora le stesse problematiche. Ancora lo stesso stile, la stessa saccenza recitativa  il contenuto da fiction. Ancora Napoli, i quartieri-ombra, il gioco, il fallito-inetto, ancora gli scogli, i tavoli verdi e i personaggi disegnati come se fossero dei playmobile umani, con tanto di passato alle spalle, che possa giustificare atteggiamenti altrimenti incomprensibili (sfumare è secondario per i registi di oggi, la psicologia deve essere marcata e comprensibile), la solita donna-ninfomane che trasuda sensualità (nel senso di "senso" e non sessualità) Iaia Forte, ancorata all'esagerazione in tutta la sua carriera. Aggiungeteci la moglie straniera, i figli "responsabili" e al padre eroe-fallito del gioco si potrà guardare con commiserazione. Visto che la sua è una mania ossessiva, è tutto il mondo che gli ruota attorno, dai giovani ragazzazzi che, guarda caso, sono mezzi camorristi, all'impassibile figura longilinea del giocatore-aguzzino-vincente, ad essere cattivo. Un pò la critica, un pò la condanna altrui. Un pò lo sguardo disincantato (e Castellitto sembra addormentato più che sofferente, o meglio narcotizzato, in un ruolo difficile a priori, ma reso borioso, melodrammatico, teatrale dalla sua persona), un pò lo sguardo convenzionale. Terraciano è legato alla televisione e le sottotrame da soap sono evidenti. Il resto del cast è discreto, anche se anonimo, e Briguglia, la Rea, Parenti sono più bravi altrove. Mi ha molto deluso la prova di Martina Gedeck, che invece di seguire la scia del cinema storico tedesco, sta spostando le sua attenzioni altrove e sta perdendo credibilità.

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