Robin Hood




Robin Hood è un passo in avanti per Scott. Le problematiche ci sono e sono una ripetizione affine alle opere precedenti. Eppure, "Robin Hood", rispetto ai kolossal come "Le crociate" e "Il Gladiatore", entrambi successivi al 2000, è un prodotto meno autoreferenziale e più misurato, con una regia che assume tratti magniloquenti ma anche inedite sfumature personali, e soprattutto con una rielaborazione storica accattivante (il film, originariamente, si doveva chiamare "Nottingham", in evidente riferimento alla storia della città, che corrisponde all'ascesa di Robin Hood "fuorilegge" e riflette un ritratto intimo e composito estraneo all'immaginario collettivo). In questo senso, un pò come accadeva nel "Gladiatore", ma con maggiore capacità di integrazione narrativa, i flashbacks sono funzionali al racconto e privi di patina melensa di raccordo, anche piuttosto sinceri. Ciò che colpisce è la nuova capacità di modellamento di personaggi entrati nella storia collettiva. E così Fra Tuck diventa l'emblema di una facile ignavia nei confronti del mondo, in una cella che è anche una cantina di nettare, e soprattutto Lady Marian, interpretata da una diafana e splendida Cate Blanchett, invecchia e diventa emblema di un femminismo ricettivo delle istanze altrui, con coraggio indomito, e forza nell'agire. E' proprio questo personaggio che arriva a surclassare gli altri, e a ridimensionare lo stesso Robin Hood, quel Russel Crowe che si mostra maggiormente ispirato che altrove. Molte cose, come detto, non funzionano, soprattutto secondo una realistica visione storica. Il personaggio di Re Giovanni è una sorta di macchietta, così come non indispensabili sono i compagni d'armi di Robin. La correttezza della location, una Sherwood popolata da ragazzi-fuorilegge che ricorda più Spike Jonze e le "generazioni rubate" che altro, è integrata da ottime incursioni paesaggistiche che, nell'ascendere dalla Francia al suolo Inglese, mostrano bellezza incomparabile e, come detto, magniloquenza della regia, abilissima nel campo lungo. Ottima la fotografia, firmata John Mathieson.

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