Get him to the greek



Lo spin-off di "Forgetting Sarah Marshall" doveva essere più divertente e autoironico del suo predecessore. Torna Russel Brand e su di lui abbiamo puntato molto. Peccato che "Get him to the greek" sia la manifestazione più immediata di come la volgarità fine a sè stessa sia l'unico humus da cui nascono gli ultimi prodotti del genere commedia in salsa statunitense. E' una pellicola che sfiora il ribrezzo, usa tecniche di comicità molto vicina a quel marasma "italiota" dei clichè e delle provocazioni, eccede (e in questo si differenzia dalla nostra cultura puritana) nella sessualità spinta, è parodia positiva/negativa, moralistica e folle, del mondo dell'enterteinment basato sul mito della rockstar. peccato che il personaggio principale, Aldous Snow, più che una persona, sembri un impasticcato mitomane malato di sesso, con annessa deficienza culturale, per poi redimersi in un finale ancora peggiore. Brand è speculare a questo ruolo, a quanto pare.  Ma non c'è Kate Perry a sostenerlo, bensì una bislacca versione trash della bella Rose Byrne. Ha senso fare un film del genere? E' una pellicola d'intrattenimento leggero? La prima domanda è riassumibile nell'ottica del guadagno. E "Get him to the greek" non è stato un blockbuster, ma ha avuto il suo successo. Inoltre appartiene a quella schiera nascente di film che nascono in evidente legame ad una pubblicizzazione secondo canali innovativi e vicini allo specchio della rete. Per il secondo quesito si può rispondere che è una forma d'intrattenimento, in fin dei conti, nemmeno leggero (è un "on the road" lento e lungo). E' chiaro che uno si intrattiene come vuole e può, quindi, se volete una storia puerile, boccaccesca, volgare e in molti casi ripugnante, accomodatevi. Il povero Jonah Hill è l'unico personaggio fuori luogo, ma forse solo per l'atipicità del suo stile recitativo, che riesce ad avere una consistenza interiore, piuttosto che per la scrittura del character, mentre Elizabeth Moss ha meso di 30 anni e sembra una quarantenne in qulasiasi ruolo ricopra. Stoller dirige e sceneggia con Jason Segel, sua vecchia conoscenza. Ma il film è un viaggio senza una precisa destinazione, se non quella della creazione di gag futili e "italiote".

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