Capolavori- La piccola bottega degli orrori (1960)



Scena prima
Carnivora pianta, ti apri in due parti, richiami, ostentando, la tua necessità di sopravvivere. Nutrimi, nutrimi, nutrimi di sangue cieco di gioventù, nutrimi di sangue di vecchia donna o, col liquido che si muove tra le vene esplose, nutrimi di un corpo maciullato, di dita punte da dieci api, sgorga il sangue del tuo sangue nel mio sangue di clorofilla. Tramortiti, scolpirò i vostri volti, io ti mangio perché tu mi mangi e mi avveleni di polifosfati degli scarti dei tuoi cibi, spazzino, ti sembro io? Non mi mangi? Certo che mi mangi. Quel tizio masticava garofani a pranzo, in attesa di rose gialle fritte. In nome della natura, tu mi uccidi, perché io non posso ucciderti? Maneggia la mia bocca carnosa, sono una sanguisuga e me ne vanto, sono Dracula per te…Tu lo sei per me…E’ triste vederti vivere…
Digressione critica
La pianta carnivora langue la sua possibilità di riscatto. Il film satireggia, come se la creazione ipernaturale possa ridursi ad un modello vivamente inconsistente nella veridicità a livello visivo, umanizzato, in virtù del peso egemonico di un uomo teso a distruggere la natura.
Scena seconda
Seymour, ragazzo tuttofare, del negozio di fiori del Signor Mushnik, nelle fastidiose parti basse della città, è ilare, canta un “la-la-la” isterico, gracchiando. Audrey si dona con compostezza visibile alla cura dei vasi…Giunge una signora, vecchiotta, con voce piccina e lì per chiedere altri crisantemi per il nuovo morto in casa…C’è un ispettore che ha visto il figlio morire con un fiammifero senza battere ciglio.
Digressione critica
Entrambe le figure, possono inserirsi in un piano di derisione autorale e accettazione privata di sentimentalismi nella psicologia dei personaggi rispetto a quello che esercita, di consueto, la morte, come condizione estatica o infernale. Si coglie un evidente motivo che decompone la morale e le becere teologie della “paura di morte” inculcate da certe religioni.
Scena terza
Musnik e Seymour si trovano, in occasioni furtive, a veder morire o uccidere personaggi disparati, in modo che la pianta si accresca e aumenti l’afflusso di persone nello shop periferico.
Un dentista gode nel far provare dolore ai suoi pazienti. Sarà vittima. Sostituto dello specializzato (con licenza), Seymour farà i conti con un paziente che ama leggere la rivista “Pain”, dolore.
Digressione critica
C’è sentimento contrastante nelle figure dei protagonisti ma prevale l’ottica del successo e del denaro. Elogio di modernità, Jack Nicholson interpreta i panni di un masochista. Il dolore come fonte di divertimento, senza l’inconscio che incomba.
Scena quarta
La madre di Seymour ospita il figlio con Audrey. Il pranzo contempla olio di ricino, polvere di zolfo, sciroppo per la tosse. Un flashback. Sana come un pesce, l’anziana donna beve del tonico contro nevrite, nevralgia ed emicrania con tasso alcolico super.
Digressione critica
E’ chiara la sindrome da “malato immaginario” e l’ipocondria della donna. Il film sembra, in questo senso, fare le fusa alle paure di un malato moderno in cerca di sostegno psicologico e ricorda Moliere. In realtà la donna avrà la reazione più plausibile, alla vista dei girasoli-ritratto germogliati dalla pianta.
Le figure principali hanno un peso senza una precisa sostanza.

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