Velocità massima


Sfrecciano le storie in una Roma notturna, come ruote di un’automobile taroccata. Sono storie di desolazione, di uomini soli, ai bordi della grande città. L’Obelisco è il monolite di demarcazione del territorio; la vita sembra un far west, una corsa all’ultimo respiro, chi vince è chi spara più forte sul pedale dell’acceleratore, chi perde è chi ha meno soldi e una macchina truccata che è meno potente. L’uomo cerca il potere. In “Velocità Massima” esso si esplica nel numero di cavalli, di giri di un’automobile, nella sfida a tempo. Ci sono un meccanico scavato nel volto, rughe e una faccia da schiaffi, Valerio Mastandrea e un diciottenne che esplora l’ultima fase della sua adolescenza, Cristiano Morroni. L’uno straparla e teme la solitudine, ha la saccenteria di chi sa stare al mondo, l’altro è silente e solo, in cerca del suo posto, del suo ruolo. Chi cerca un “Fast & Furious” all’amatriciana, non avrà pane per i suoi denti. Vicari non si interessa minimamente al pompaggio delle scene di corsa, in secondo piano, e trasforma l’action movie in un film sociale ed introspettivo. Una scena ha un andamento onirico; nei pressi di Santa Severa c’è il Lago della Luna e l’intero ambiente diventa un luogo ludico che passa poi all’immobilismo, come se fosse un’oasi di ristoro e di aggregazione. Il tema del film è chiaro: la competizione è quella mina vagante che alberga tra gli uomini, i poveri hanno ansia di riscatto, i ricchi ansia di soggiogare i poveri con continuità, il mondo sta a guardare. La composizione filmica urge a chiarificare un logorio dei rapporti umani, che si perdono senza approfondimenti narrativi. Il giovane apprendista perde l’amore, fugge dalla famiglia, perde la fiducia nel nuovo amico che lo ingaggia. Roma diventa uno scenario che non si apre ai rapporti amicali, ma è tutta intessuta da ossessioni verso la potenza di cilindrata, potenza di base, simbolo. Premiato come film d’esordio di un Vicari che rende al meglio nel genere del documentario e stecca con l’ultimo lungometraggio, “Il passato è una terra straniera”, “Velocità Massima” devia troppo e la direzione appare incerta, verso una meta troppo amara a cui giungere. Meglio scendere dalla macchina (filmica) e farsi un giro a piedi (all’aria aperta).

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