Nato nel 1995, riproposto nel 2000 con un secondo capitolo che ha conquistato molti, deluso una piccola porzione di affiliati "cresciuti", dopo 15 anni dall'inizio del percorso, "Toy Story" giunge alla conclusione. Cosa ha di diverso questo franchise rispetto al modello Pixar degli ultimi anni? Beh, in primo luogo l'accessibilità. "Wall-E", un film ispirato, aveva il limite del muto, nonostante la prima parte sia proprio per questo folgorante, soprattutto per i più piccoli, ma anche per i genitori logorroici, invece "Up" partiva a razzo per finire nell'anonimato totale, con uno sviluppo dell'action-story tanto fastidioso da inficiare l'intera credibilità del film. "Toy Story", inoltre, mostra una compattezza emotiva che non arriva mai all'esasperazione e fissa la bellezza di certe instantanee passate. La Pixar, in genere, è portata a scattare delle fotografie più che a creare delle sequenze ex novo. E queste fotografie colpiscono il nostro immaginario perchè non è Andy che smanetta con i propri giocattoli, siamo noi nel mondo dei nostri ricordi felici ad essere ritratti. Il carattere universale della Pixar riesce ad identificare il protagonista umano del film, peraltro in secondo piano, con lo spettatore e si pone nell'ottica fantastica di mostrare ciò che accade attorno a lui, inconsapevolmente. E così che il cowboy Woody torna a dispensare la sua solita saggezza, tra gaffe ed eroismo, l'astronauta Buzz rientra in gara da "cattivo" solo per una modalità interna che altera il suo funzionamento emozionale, e così che Mr. Potato perde, pian piano, il proprio cinismo, e che il nuovo Lotso, orsacchiotto fucsia anni '80, diventa il villain indomabile della situazione, con un passato trascorso. E la madeleine Proustiana contagia anche noi, le nostre vite che ritornano in un balenio di luce, come se una lista di canzoni ci riportasse indietro a stacchi temporali passati. "Toy Story 3" è la perdita obbligata della nostra innocenza, dei nostri affetti, è la vita. E' un sorriso e una lacrima, come nella migliore tradizione Disneyana. Ma soprattutto è un film per bambini prima che essere una pellicola per soli adulti.
Nato nel 1995, riproposto nel 2000 con un secondo capitolo che ha conquistato molti, deluso una piccola porzione di affiliati "cresciuti", dopo 15 anni dall'inizio del percorso, "Toy Story" giunge alla conclusione. Cosa ha di diverso questo franchise rispetto al modello Pixar degli ultimi anni? Beh, in primo luogo l'accessibilità. "Wall-E", un film ispirato, aveva il limite del muto, nonostante la prima parte sia proprio per questo folgorante, soprattutto per i più piccoli, ma anche per i genitori logorroici, invece "Up" partiva a razzo per finire nell'anonimato totale, con uno sviluppo dell'action-story tanto fastidioso da inficiare l'intera credibilità del film. "Toy Story", inoltre, mostra una compattezza emotiva che non arriva mai all'esasperazione e fissa la bellezza di certe instantanee passate. La Pixar, in genere, è portata a scattare delle fotografie più che a creare delle sequenze ex novo. E queste fotografie colpiscono il nostro immaginario perchè non è Andy che smanetta con i propri giocattoli, siamo noi nel mondo dei nostri ricordi felici ad essere ritratti. Il carattere universale della Pixar riesce ad identificare il protagonista umano del film, peraltro in secondo piano, con lo spettatore e si pone nell'ottica fantastica di mostrare ciò che accade attorno a lui, inconsapevolmente. E così che il cowboy Woody torna a dispensare la sua solita saggezza, tra gaffe ed eroismo, l'astronauta Buzz rientra in gara da "cattivo" solo per una modalità interna che altera il suo funzionamento emozionale, e così che Mr. Potato perde, pian piano, il proprio cinismo, e che il nuovo Lotso, orsacchiotto fucsia anni '80, diventa il villain indomabile della situazione, con un passato trascorso. E la madeleine Proustiana contagia anche noi, le nostre vite che ritornano in un balenio di luce, come se una lista di canzoni ci riportasse indietro a stacchi temporali passati. "Toy Story 3" è la perdita obbligata della nostra innocenza, dei nostri affetti, è la vita. E' un sorriso e una lacrima, come nella migliore tradizione Disneyana. Ma soprattutto è un film per bambini prima che essere una pellicola per soli adulti.
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