Me and Orson Welles




"Me and Orson Welles" è un titolo inspiegabilmente gettato al vento. Dalla distribuzione (anche americana), alla scarsa pubblicizzazione con un marketing tecnico, al totale disinteresse dei media per Zac Efron, che al primo ruolo notevole si vede tagliato fuori dallo star system, per un regista come Richard Linklater, ben oltre la media dei suoi epigoni e per un cast superlativo, Christian McCay su tutti, ma anche la bellissima Claire Danes che mantiene un'eleganza impeccabile. La pellicola sembra essere ancora travolta dalla maledizione di Orson Welles. Tutto ciò che la sua figura gigantesca toccava finiva per essere deturpato da un pubblico e da un establishment tradizionalisti e vecchi. E forse, con tutte le differenze del caso, la figura di Orson Welles fà paura ancora ad una Hollywood che, nel riconoscere la grandezza di un esiliato, dovrebbe fare ammenda sul proprio passato. E le ammende costano, soprattutto per un mondo in cui il pentimento non è all'ordine del giorno. "Me and Orson Welles" non è soltanto uno splendido ritratto dell'uomo Welles, ma è soprattutto un grande compendio su chi è stato costretto a subire la genialità altrui, su chi collaborava senza riconoscimento alcuno, sulle comparse e sugli attori di scena completamente travolti dalla luce dell'uomo egocentrico per definizione. Per questo lo sguardo è interno al mondo teatrale, la rappresentazione frutto di tanti pensieri, una sola mente che domina le altre, arrivando a sconfiggerle. Un pò il vecchio Kane di "Quarto Potere", il primo film di Welles, che più che un'opera ispirata ai suoi contemporanei, si stava, inconsciamente, ispirando a sè stesso e al suo titanismo innato. E se c'è un Orson Welles, e anche perchè non c'è stato Richard Samuels, e se non c'è stato un Richard Samuels, è anche per Orson Welles.

Commenti