"The boys are back" è un film delicato. E soprattutto è un film che fà della semplicità e dell'intensità le sue peculiarità. Scott Hicks torna a ricoprire il ruolo di regista "emotivo", un ruolo che gli si addice perfettamente. Per dirla in modo chiaro, non siamo in presenza di un regista finto e patinato come Hallstrom, nè tantomeno di Nick Cassavetes, che strappa lacrime come se fossero foglie rinsecchite che cadono d'autunno. Scott Hick è meno invadente e più distaccato, ma non per questo meno capace di affrontare tematiche del genere. Anzi, è proprio il suo relativo distacco, che permette di avvicinarci al mondo dei personaggi, andando a sottolineare non il dramma assurdo e continuo in ogni sfumatura, ma lasciando una speranza che si fà viva con continuità e abbassa il livello della sofferenza. Hicks non cerca la lacrima, perchè non crede nella lacrima. O meglio non spara cartucce di depressione, di dolore, perchè preferisce, con lacrime vere, veder dal dolore nascere la speranza. "The boys are back", ribattezzato "Ragazzi Miei", in uscita da noi il prossimo weekend, sfugge all'anonimato per varie ragioni. In primo luogo per il suo tono e l'articolazione della storia, ma soprattutto grazie ad un'ottima interpretazione del padre-vedovo Clive Owen, che offre, caso raro, una prova asciutta e mascolina, delicata e burbera, sforzandosi e riuscendo ad essere uno dei casi più riusciti di genitore sullo schermo. La pellicola scorre via che è un piacere, nonostante alcuni punti siano ripetitivi e macchinosi. Ma l'intero cast riesce a nobilitarla, creando momenti di rara intensità e partecipazione, senza manipolare lo spettatore. Un film piccolo, non eccelso, ma nemmeno così disprezzabile come è stato trattato dai distributori.
"The boys are back" è un film delicato. E soprattutto è un film che fà della semplicità e dell'intensità le sue peculiarità. Scott Hicks torna a ricoprire il ruolo di regista "emotivo", un ruolo che gli si addice perfettamente. Per dirla in modo chiaro, non siamo in presenza di un regista finto e patinato come Hallstrom, nè tantomeno di Nick Cassavetes, che strappa lacrime come se fossero foglie rinsecchite che cadono d'autunno. Scott Hick è meno invadente e più distaccato, ma non per questo meno capace di affrontare tematiche del genere. Anzi, è proprio il suo relativo distacco, che permette di avvicinarci al mondo dei personaggi, andando a sottolineare non il dramma assurdo e continuo in ogni sfumatura, ma lasciando una speranza che si fà viva con continuità e abbassa il livello della sofferenza. Hicks non cerca la lacrima, perchè non crede nella lacrima. O meglio non spara cartucce di depressione, di dolore, perchè preferisce, con lacrime vere, veder dal dolore nascere la speranza. "The boys are back", ribattezzato "Ragazzi Miei", in uscita da noi il prossimo weekend, sfugge all'anonimato per varie ragioni. In primo luogo per il suo tono e l'articolazione della storia, ma soprattutto grazie ad un'ottima interpretazione del padre-vedovo Clive Owen, che offre, caso raro, una prova asciutta e mascolina, delicata e burbera, sforzandosi e riuscendo ad essere uno dei casi più riusciti di genitore sullo schermo. La pellicola scorre via che è un piacere, nonostante alcuni punti siano ripetitivi e macchinosi. Ma l'intero cast riesce a nobilitarla, creando momenti di rara intensità e partecipazione, senza manipolare lo spettatore. Un film piccolo, non eccelso, ma nemmeno così disprezzabile come è stato trattato dai distributori.
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