Mary and Max

Mary and Max




C'è qualcosa di razionale, razionale fino all'eccesso, nella costruzione di questo piccolo capolavoro. Ed è un'immersione nel mondo di chi è soggetto alla Sindrome di Asperger. Max diventa un nostro piccolo amico e siamo portati a guardare ciò che ci circonda come fa lui. E al contempo ci ritroviamo ad essere Mary, nella lontana Australia, con madre turbata, alcolista, accanita fumatrice accanto, piccola bimba con problemi di socializzazione. Il regista, Adam Elliot, riesce a creare un'alchimia magica tra noi e i personaggi. Così come i personaggi sono legati a lunga distanza da una macchina da scrivere, ora muta ora veloce, così noi siamo legati a loro tramite lo schermo, saltando da una parte all'altra, pensando comeMax ed emozionandoci, non sempre in positivo, come Mary.Da molti punti di vista, la coppia perfetta. L'uno che completa l'altra e viceversa. L'uno che cambia l'altra e viceversa. Il film, realizzato in stop-motion, è un viaggio verso gli altri o noi stessi. Ed è soprattutto un grande atto di coraggio. Pensare di realizzare in stopmotion un film che tratta di tematiche difficilmente esplicabili, anche drammatiche, è una scelta molto azzardata. L'impersonalità dei soggetti è resa evidente anche dalla limitata gamma di particolari aggiuntivi, al di là delle evidenti caratteristiche fisiche. E la cosa accresce l'immagine dualistica in modo infantile. L'amicizia di penna, con i suoi alti e bassi, diventa un gesto di altruismo. E ci mostra come un modo diverso di percepire le cose sia un'occasione per conoscere, non per abbandonare. Emoziona evitando il buonismo, dipingendo la realtà in ottica lucida, disincantata, pacificata.



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