Capolavori- Susanna!




Howard Hawks è un pilastro del cinema. E’ in grado di rielaborare molti aspetti classicheggianti del passato e sublimarli in un’ottica squisitamente moderna. Molti sono i suoi capolavori e c’è una tale arguzia da muovere i fili di generi differenti, riuscendo a contaminare i “filoni”, pur mantenendo quell’alone di continuità che sa destreggiarsi da sé. Hawks è un autore che ha uno Stile, non una vera e propria Poetica. E’ una forma di cinema meno dalle tinte introspettive e personali, meno biografica nel senso più profondo della parola. Non puro enterteinment, ma pura abilità tecnica e conoscenza perfetta dei propri meriti che tendono alla perfezione cinematografica. Conosce il cinema, e sfida la tecnica cerebrale, attraverso un sano e autorale godimento. Hawks, soprattutto nelle commedie, non stanca mai. “Susanna!” è, forse, finora, il film più giocoso, divertito e divertente dell’intero mondo della celluloide. Se fossi uno sciocco, direi che è il capolavoro per eccellenza dell’arte visiva. In realtà, le cose stanno diversamente, da un punto di vista tecnico, contenutistico, armonico, e non c’è nulla da fare: il filone drammatico è quello che permette di raggiungere status più elevati e di ambire a statuette, certificazioni di gloria, di spessore, di caparbietà. L’innovazione è, invece, una prerogativa della comicità. E’ molto semplice realizzare un film pienamente drammatico, anche vecchio stile, con i dovuti limiti (melò moderni, in parte intersecabili con la cultura del passato e, oggi, molto in voga). Realizzare oggi una pellicola alla “Susanna!” è un’operazione impossibile, che i critici definirebbero scellerata, antimoderna e notevolmente demistificatoria (anche se un conto è riproporre male un film drammatico, un conto è demolire un film comico). La comicità segue una linea evolutiva di involgarimento, di freddura, di imitazione. Guai a confonderla, come, oggi si fa, con la Satira, che ha un elemento comico, ma solo come mezzo per raggiungere un risultato invettivo, critico, amarognolo. “Susanna!” è una screwball comedy, non ha un gusto sopraffino, né un alito pesante. E’ puro humor, quello che garantisce un senso di goliardia insostenibile, attraverso gesti ordinari, e nell’identificazione di peripezie surreali perfettamente sinergiche ad un ritmo esagitato, perennemente in crescita, senza cadute, Dopo l’ennesima visione, il risultato è sempre lo stesso: non si riesce a non ridere, di pancia, non di cervello. Non è sottile, non è ambigua, non è tagliente, non è gettata in pasto ad una semplicità sconvolgente (è necessario seguire qualsiasi battuta), ma è disarmante. Dal famosissimo Baby, il leopardo che sembra commuoversi interiormente all’ascolto di una musica zuccherosa “Io non posso darti che l’amor…”, all’inettitudine da Paperino di Cary Grant, da un campo di golf, ad una cena, ad un soggiorno indesiderato nella casa della plurimilionaria Signora Elizabet, dalla bravura eccelsa di una Katherine Hepburn che non si sa quanto sia realmente furba o incivilmente sciocca, confusionaria, possessiva, malandrina, ad una prigione. Non c’è un senso, non c’è una morale, c’è un capovolgersi di eventi intrecciati che fanno della trama qualcosa di insolito e stravagante. Siamo negli anni ’30. E di capolavoro si tratta. Scorgendo il titolo tra i maggiori flop al botteghino di quegli anni, si potrebbe pensare che si tratti di un’opera non in linea coi tempi. In parte la questione è fondata, soprattutto perché mai c’è stato o ci sarà in breve termine un periodo propizio per lo “strafumato” d’autore. Va detto, che “Susanna” è un po’ l’antenata di un movimento che attraversa le generazioni, con successo, ma non trova ancora il giusto figlio a cui affidare il carico della sua essenza.

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