Valentino: L'ultimo imperatore








Il documentario su Valentino di Tyrnauer presentato a Venezia nel 2008 con accoglienza trionfale, si regge su un continuo gioco di tensione. Tensione affettiva, professionale, economica, personale. Una tensione che desta l'attenzione in modo abnorme per tutta la durata della pellicola. Come in molti casi, è proprio la forma del documentario che riesce a mostrare il lato più veritiero di un'icona della moda del Novecento, l'ultima grande icona, l'ultimo imperatore. C' è un passaggio in cui Valentino ribadisce la sua superiorità schiacciante, quando, ad una giornalista, pronuncia la famosa massima: "Dopo di me, il diluvio". Ma soprattutto Tyrnauer è in grado di cogliere l'essenza della sua figura: un uomo lapidario ma in continua ricerca di fermezza negli altri, un artista che, senza Giacomo Giammetti, avrebbe dilapidato una fortuna, cognizione per le finanze assente, un perfezionista antipatico nella creazione artistica e nella sua realizzazione materiale, affidate ad un team di sarte italiane che sono soggette ad una caporeparto altrettanto perfezionista e dispotico. La cosa buffa è che Valentino sembra un agnellino comparato ad una donna che si esprime in forma dialettale e inveisce contro le altre sarte, dall'alto del suo ruolo, anche davanti alla telecamera. E' molto interessante il dietro le quinte di un mondo che noi comuni mortali siamo abituati a vedere negli ultimi intermezzi di qualche tg. La realizzazione delle sfilate couture, dalla scenografia con le scelte estrose e poco classiche dello stesso Giammetti, alla cucitura a mano delle pailettes su una serie di veli, dai contatti con la gestione Marzotto, sotto molti punti di vista fallimentare, all'ultimo grande evento in quel di Roma, Ara Pacis, con Dante Ferretti ad occuparsi del decor, ci appare molto più complessa rispetto alla fugacità dell'avvenimento in sè. La cosa che più colpisce è il tratto disincantato e non sempre benevolo verso il protagonista, con scarse aperture emotive e molti contrasti insanati, oltre ad un senso di mutamento innatato e connaturato alla sua personalità. Per intenderci, non si ama Valentino, nè lo si venera, si constata che è eccedenza e limitazione, come ogni uomo.


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