Up in the air



Reitman vola alto. E osa. Osa laddove aveva fallito. Osa quando nessuno riesce più a farlo. E' una strana curva che segue il regista. La curva che parte dal prodotto discreto, ben confezionato, come "Thank you for smoking", con dei difetti marcati, all'acchiappamasse "Juno", senza una prospettiva definita, fugace film pieno di tutto e nulla. "Tra le nuvole" è perfetto. Non ha sbavature, qualche leggera inflessione, una struttura tanto riuscita da rimandare al cinema classico dell'età dell'oro di Hollywood ma con quel lato oscuro che è tipicamente moderno. "Tra le nuvole" non è una commedia, nè un dramma. Non è nemmeno una commistione di generi. E' una vera simbiosi, in molti punti. E ciò rappresenta un marchio di fabbrica, un segno distintivo che solo i grandi autori possono vantare. Per dirla in termini chiari, lo stile di Reitman dall'esordio in poi è più riconoscibile, nel bene e qualche volta nel male, di quasi tutti i suoi colleghi. E' un revival sixties ipertecnologico che concentra una grande duttilità della macchina da presa con una sagace direzione di attori. Reitman ha il merito di porre, a livello di characters, stars e outsiders sullo stesso piano e di trarre ciò che vuole indipendentemente da ogni aspetto che non riguardi la recitazione. D'altronde, è grande solo l'attore che sa adattarsi ad ogni ruolo. E George Clooney, ottimo attore, in questo caso raggiunge l'eccellenza. Su Vera Farmiga si può dire che la sua indefinitezza è un valore aggiunto. Non è acerba come Ellen Pompeo, ma matura, sensuale, dotata di abilità oltre la norma. Di lei si sentirà molto parlare. Anna Kendrick, che, con la sopracitata collega, avrebbe in tasca la nomination nel ruolo di comprimaria, è stupefacente. Attorno a lei si crea una dinamica fondamentale nell'evoluzione del protagonista. Infine, va sottolineato il cinismo, lo sguardo disincantato di un regista che in maniera netta rifiuta l'happy ending, e lascia con merito l'irrisolto solo nei suoi personaggi, mutevoli, e non nella struttura narrativa. Colpo di coraggio. Anche perchè il soggetto esplode. Parlare di licenziamenti facili e di dinamiche da usare nei casi specifici è quantomai sociale, senza cadere nel retorico. A ciò si aggiunga l'insensatezza di qualunque scusa, sia essa puramente psicologica che derivante dall'esperienza sul campo. Il gioco è sottile, l'analisi profonda, il contrasto stridente. Titoli di testa memorabili. Le ultime sequenze sono un ralenty di emozioni sui volti, di perdite, di elaborazioni e scelte per poi accelerare nel brusco e improvviso finale. Reitman, tifiamo, per te!



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