Invictus








In primis, non c'è dubbio che Clint Eastwood sia uno dei migliori cineasti dell'ultimo mezzo secolo...Negli ultimi anni ci ha regalato almeno 5 capolavori, 5 film che rappresentano una marcata adesione all'America dei valori. Clint, repubblicano, è un vero democratico.E' la base fondativa dell'America, colui che parte dalla storia individuale e riesce a sussumere una traccia volutamente universale. In questo percorso, c'è una capacità indiretta di mostrare le cose. Dal comportamento dei personaggi-persona, deriva il messaggio. In Changeling, dai comportamenti dei burocrati, deriva la connessione alla corruzione dilagante, che, comunque, è sottofondo, non scrittura. In Gran Torino, la questione razziale passa attraverso un cambiamento di prospettiva dei personaggi, da cui l'adesione a nuovi valori fondativi. In Million dollar baby è la tenacia di Hilary Swank che riaccende il cuore di Clint, ed è la morte della stessa che riflette sui limiti e le possibilità dell'amore paterno. Lettere da Iwo Jima manifesta il suo accorato antimilitarismo nel progredire della tensione, quando il nazionalismo non tace del tutto ma riaffora, negli splendidi toni opachi, una certa umanità. Invictus, il nuovo lavoro di Eastwood, parte da presupposti diversi. Clint compie un lavoro diverso, pregevole nelle intenzioni ma non troppo nella resa. Il messaggio di unificazione nazionale e fratellanza, in relazione alla notorietà di Nelson Mandela e chiarito sin dall'inizio del film, trova la sua parziale comprensione solo nel procedere dell'intreccio, lineare per giunta. Il film non parla di persone ma di messaggi che si trasformano in persona. C'è un passaggio opposto, dall'universale al particolare. Ciò determina una minora empatia con lo spettatore. L'empatia è un qualcosa che si conquista con una scrittura livellata allo spettatore, con l'identificazione. Clint, cosa successa solo verso il finale di Million dollar baby, e con grazia ricercata in Gran Torino, divide il mondo in una struttura troppo manichea, in cui i due protagonisti spiccano per altruismo e vicinanza, indipendentemente dalle motivazioni non esplicitate che li spingono a credere l'uno nell'altro. La sceneggiatura sembra campata in aria, il primo tempo ha degli elementi ridicoli, nella scelta di inquadrare la dimensione privata in chiave macchiettistica, il secondo tempo migliora notevolmente con l'uso di un montaggio parallelo più veloce. In realtà, Clint compie un relativo passo falso anche per quanto riguarda la regia, che è smaccatamente da fiction, poco incisiva nel suo essere totalmente scontata. La metafora dello sport, d'altronde, è definita con grande forza e, pur essendo in parte già vista, ha, nel secondo tempo, una giusta concatenazione. Qui si torna ad una capacità emotiva pura, che solo Eastwood riesce a garantire nella sua lotta contro ogni tipo di pregiudizio razziale.Il suo film è buonista, forse, come The Millionaire, ma ha un valore etico ed una aspirazione alta che solo Clint può riuscire a trasmettere. E' una poetica pedagogica. E di certo non è un sogno irreale, ma pura realtà. Molto bravo Morgan Freeman, come al solito, appena discreto Matt Damon. Un film imperfetto di cuore. Un film minore che può aspirare, per il carattere ideologico soprattutto, a qualche nomination, non del tutto immeritata.





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