Incontri - Goffredo Fofi

Casualmente, non succede quasi mai, giungo nell'atrio universitario 5 minuti prima, mi poggio sulle sedie "ospedaliere" e guardo che succede intorno. Goffredo Fofi è lì, conversa con veemenza e simpatia con i due professori. Deve conoscerli bene, la "pellicola" dei tempi andati si dipana in qualche battuta. Seguiranno due ore piene, aula, la multimediale, mezza vuota. Due ore importanti, non di quelle che scompaiono nella mente, come gli eventi di routine, nemmeno indelebili, come i vecchi traumi che ci portiamo dentro. Chi è Goffredo Fofi? Prima di tutto, è un uomo. Soprattutto un uomo, e poi un critico a tutto campo, uno studioso, uno scrittore, uno sceneggiatore (l'unico caso è "Sbatti il mostro in prima pagina", di Bellocchio). Un uomo che, per dirla in termini psicologici, ha una vision precisa del mondo, forse anche troppo radicale, che anima una mission utopica, ma amorevole ed apprezzabile. "La vocazione minoritaria", la chiama, in un articolo. E' un uomo di Sinistra, un socialdemocratico, uno che parte da una filosofia e giunge alla pratica, parte dall'esistenzialismo e giunge a cercare di scardinare il sistema. Il cinema non è fine, ma mezzo di una visione della vita. Il primo principio è la non-accettazione, il primo vagito è il rifiuto. Partendo da questo schema di pensiero, in realtà, derivato nel fluire dell'impostazione del dialogo, c'è poi il cinema, la filosofia, la letteratura. C'è un asse di demarcazione che chiude il cinema. Il cinema muore alla fine degli anni '70. C'è un prima e un dopo. Partiamo dal cinema muto, con Chaplin, il più grande, capace di "parlare" a tutti. La funzione pedagogica è chiara, la maggior parte delle persone, in questa fase, non ha possibilità di accesso alla cultura, il cinema insegna. Digressione sulla scuola dell'obbligo, morta con la società industriale. Siamo completamente d'accordo. Non tutti insegnano, si pensi ad Ejznstein o ad Antonioni, che esprimono. Oltre questa classificazioni, esistono tante varianti, nel fare cinema. Se il cinema deve aspirare a modificare la realtà, è il cinema popolare che può raggiungere tale scopo. E' il cinema che definisce i cambiamenti sociali. Monicelli ne è il maestro. (e nell'America industriale John Ford). Vi ricordate i film italiani del seconda dopoguerra? Da "Riso Amaro" a "Bellissima", la dimensione della donna veniva vivificata, attribuita di dignità. Un passo in avanti enorme, oggi gli unici personaggi femminili li interpreta la "morta" (sue parole) Margherita Buy. A partire dall'inizio degli anni'80, le utopie vengono sconfitte. Da cosa? Dai mezzi di comunicazione di massa. Non c'è più l'autoritarismo fascista, ma il potere, in ogni sua forma, trova la sua fortificazione compita nel mezzo televisivo. Chi detta cosa sia giusto e cosa no? Chi fa scendere al potere il Cavaliere, considerato un benefattore? Chi detta la morale? Qual'è la religione esatta, pubblicizzata e dominante? In questo ambito, Fofi è chiaro: insegna più a livello religioso Bresson che Ratzinger, emerge il suo cattolicesimo progressista (ho notato che nei suoi testi cita spesso passi evangelici), contrario all'oscurantismo reazionario odierno.La pubblicità è il fascismo del nostro tempo. Chi produce i film?Il cinema americano sta comprando il cinema d'autore. Faccio una riflessione personale: possibile che chi fa un film candidato all'Oscar come Best Picture straniera, si trovi, in moltissimi casi, a fare, pochi mesi dopo, un film americano. Gavin Hood è uno dei tantissimi esempi. Ma anche Tornatore non scherza (tra l'altro, sta per uscire il remake del suo "Stiamo tutti bene", con Robert De Niro). Fofi, senza mezze misure, parla di vendita, i registi vengono comprati tramite compenso. In più, Hollywood cerca di scimmiottare il cinema d'autore europeo, proponendo remake a iosa (il prossimo di Jim Sheridan, "Brothers", da Susanne Bier).Solo due settori sono avulsi dalla contaminazione imprenditoriale: il documentario e il disegno animato (la graphic novel, per dirla alla Veltroni, più anglofilo che italiano). Si citano i bravi registi, che, per lavorare, diventano imprenditori di sè stessi, con più produttori, soprattutto televisivi.Mi viene in mente Mullholland Drive di Lynch.Infine, la rimandata citazione di Virginia Woolf, che si lega a quella che Pasolini definì omologazione culturale. C'era un tempo in cui la cultura era alta o bassa. L'arte è mediazione tra cultura alta e bassa (da Dante a Shakespeare), dice la Woolf. Il nemico di entrambi è la cultura media, l'omologazione culturale. Qui rientra in ballo la necessità del critico militante, colui che può, attraverso quell'arte non mercificata, indurre al cambiamento di un sistema che ha già deciso tutto per noi. Non siamo buoni, siamo cattivi, o, almeno, complici. "Gomorra" è uno sguardo che non ha buoni e cattivi. La banca che accetta il capitale delle mafie è buona? il 12% del PIL è costituito da ricchezza criminale, una parte di quello che sarà, in modo indiretto, il nostro consumo. Fofi se ne va, senza divismo, senza autografi. Ma lascia qualcosa dentro, non di indelebile, perchè sfuggente, ma allusivo. E manderebbe in esilio Maria de Filippi, Dolce & Gabbana, Berlusconi, Bersani è pure peggio.Come dargli torto!

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