Sabrina di Billy Wilder



Film Paramount, diretto da Billy Wilder, Humphrey Bogart e William Holden protagonisti ed il nome più incisivo di tutti, l’icona Audrey Hepburn, tipico della Hollywood sofisticata. Eppure, Sabrina esalta non la Babilonia del cinema ma Parigi con un’ode che muove il diaframma in modo così corretto che il suono, addolcito da un’apertura vocale di lieta leggerezza, fuoriesce quasi in simbiosi con la natura del luogo in cui è emanato. L’ellissi fisica di Parigi (uno scorcio, appena, la Torre Eiffel), non comporta il suo smantellamento ai fini della storia e della riuscita dell’intreccio. C’è un momento su una barca a vela, di scongelamento emotivo, in cui si menziona la città dell’amore. Sabrina ha l’aria di chi crede nel suo interlocutore e vuole, in maniera disinteressata., farsi portavoce della rivoluzione della sua vita, dall’immagine di ragazza adorabile scolpita in abiti vecchiotti allo charme di strass, di tutine adamitiche con fouseaux che ne sfilano le magrissime, efebiche gambe, fasciata da un vestito a sera con ampia scollatura, come se fosse una geisha moderna, e soprattutto dalla popolana dipendenza alla piena consapevolezza del suo ruolo di donna, non più maschiaccio che si dedica ai motori, ma abile cuoca, briosa, sottile, conscia della sua fisicità e del suo stile europeo e personale. Sabrina dice: “Parigi non è fatta per cambiare aereo, è fatta per cambiar vita”. Il modello precedente e successivo alla partenza è intersecabile, alimentato dall’insana passione verso il rampollo David, ma l’atteggiamento cambia e, da bambina sognatrice, Sabrina diventa una donna che ha strategia e fa girar la testa, fermare le automobili, che sa colpire. L’amore è un arco con tante frecce da scoccare, è un gingillo con tanti pezzi mancanti ed un fulcro centrale, ma c’è differenza tra amor immaginato, adolescenziale e amor vissuto, maturo. Wilder sottolinea questo dualismo nell’alterco tra due fratelli di una famiglia bene: dongiovanni, pluridivorziato, William Holden è uno sfaticato ragazzetto viziato, molti grilli per la testa e la facilità di cambiar donna superiore al numero di macchine tenute nel garage, Humphrey Bogart, nel ruolo che doveva essere del più giovane e azzeccato Cary Grant, è il grande faccendiere della ditta di famiglia, completamente assuefatto dal lavoro dal non avere altre occupazioni, nemmeno sentimentali. Sabrina, figlia dell’autista della casata, è anello di congiungimento in un triangolo amoroso che si dipana su tante facce. Wilder si destreggia con grande garbo, qualche folata di peperoncino, meno, molto meno del solito (ma rende così bene il concetto di democrazia), Audrey è la vera star, capace di zittire caratteristi e grandi attori compassati con uno sguardo. Un appunto sui costumi: è Edith Head la costumista premiata con l’Oscar ma è Hubert de Givenchy a creare gli splendidi vestiti indossati dopo i due anni a Parigi. Ed è proprio da questi abiti, coadiuvati dalla reiterata collaborazione con lo stilista, che nasce il marchio di qualità ed eleganza Hepburn, sinonimo di stile, oltre le generazioni. Ricordatevi a Parigi di comprare un po’di pioggia, e lasciate l’ombrello a casa. L’amore crescerà come un fiore e sarà rigoglioso. Dalla tenuta di Long Island, dal molo di New York, alla barca della libertà, per un viaggio in cui il mare odora di rosa, di sentimento. Consigliato agli innamorati, a chi spera in una storia dal forte stacco anagrafico.

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